Le opere letterarie, come d’uso nel XVI secolo, venivano dedicate a personalità in vista oppure a persone conosciute dall’autore che in qualche modo lo ispiravano. Le tre opere cosmologiche e filosofiche appartenenti ai dialoghi italiani sono dedicate da Bruno all’ambasciatore di Francia presso la corte d’Inghilterra, Michel De Castelnau, presso il quale visse durante il suo soggiorno inglese. Molto si è scritto sulla natura di questa presenza presso l’ambasciata; certo è che Bruno faceva ampio affidamento sulla protezione di questo importante diplomatico, che in più di un’occasione dovette intervenire per mettere una pezza alle intemperanze del filosofo nolano.
L’individuazione dell’ambasciatore come “padrino” di queste tre opere la dice lunga sull’importanza che il filosofo dava alla divulgazione delle stesse; nulla nelle opere bruniane è lasciato al caso, è tutto preordinato, i continui richiami incrociati tra le sue opere fanno intendere, persino, che le stesse fossero state concepite contemporaneamente, o almeno, che l’idea ispiratrice delle singole opere fossero ben presenti nella mente di Bruno fin dall’inizio del suo percorso letterario. Per due delle sue opere morali, sempre riguardo ai dialoghi italiani, scritte nel suo periodo inglese, egli individua in Philip Sidney il “padrino” a cui offrirle (la terza, la cabala del cavallo pegaseo – con l’aggiunta dell’asino cillenico, fu invece dedicate ad un inesistente Don Sapatino, vescovo di Casamarciano); probabilmente il nobile inglese, ben visto alla corte d’Inghilterra, veniva individuato come persona sufficientemente influente per garantire la giusta accettazione dell’opera negli ambienti letterari e nobiliari, né è da escludere che il Sidney abbia aiutato economicamente Bruno nella pubblicazione delle stesse.
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