…nessuna cosa si anichila e perde l’essere, eccetto che la forma accidentale esteriore e materiale. Però tanto la materia quanto la forma sustanziale di che si voglia cosa naturale, che è l’anima, sono indissolubili ed adnihilabili
Ed ecco che Teofilo/Bruno enuncia un altro caposaldo della Nolana filosofia.
Non è la riproposizione del principio eracliteo, sia ben chiaro. Bruno crede fermamente nella creazione, forse in una creazione a due velocità ma… ci crede.
Il Dio di cui non si deve parlare né tentare di comprendere si è compiaciuto nella sua immagine specchiata, l’Universo, la Materia informe e tramite un altro attributo di Esso Dio, l’Anima Mundi, la Materia informe è stata modellata in infiniti accidenti ed il Tutto pulsa in eterno, armonicamente, grazie al Suo terzo attributo, l’Amore Universale.
Ecco che ogni cosa è creata ma essendo parte di un unico corpo, l’Universo, l’Unica Materia, infinita ed eterna, ecco che non potrà mai distruggersi; mutare nella sua forma accidentale ma non distruggersi. E la morte vede trasformata la sua essenza, anzi… di morte non si dovrà parlare; e se si vorrà parlarne, bisognerà che la si veda per quello che realmente è: trasformazione dell’accidente che perde la sua “ultima” forma per acquisirne un’altra attribuitale dall’Anima Universale.
È da questo momento che Teofilo/Bruno inizia la sua denuncia contro le tesi neo aristoteliche, in particolar modo contro cucullati suttili metafisici.[1]
Gli scotisti, denuncia bruno, scusando, più che accusando, Aristotele hanno attribuito qualità come umanità, bovinità, olività a specifici accidenti; da qui è stato, per loro, automatico far sì che l’umanità sia diventata socrateità, mentre la bovinità, la cavallinità viene ad essere una qualità puramente numerica e non individuante il soggetto come nel caso delle persone, ottenendo così di attribuire ad una forma sostanziale la qualità di sustanza al pari della Materia che, sia nel nome che nell’essenza, invece, è substanza.[2]
Il ragionamento di Teofilo, a questo punto si allarga e si approfondisce ed è opportuno riprenderlo ma, per la farraginosità dell’italiano del XVI secolo, vi ripropongo la mia versione in lingua corrente:
…se gli chiedete: “E cosa intendete per socraticità?” risponderanno: “La forma sostanziale di Socrate e sua materia”; tralasciando, poi, cosa intendono per materia, se chiediamo loro: “che è la sostanza come forma?” alcuni risponderanno: “la sua anima”; chiedete [poi]: “cos’è quest’anima?” Se vi risponderanno che è un’entelechia[3] e perfetto corpo vivente, lo considereranno un accidente [giacché, per loro, vivente comporta la mortalità]; se la definiranno il principio della vita, dei sensi, della vegetazione ed dell’intelletto, pur considerandola, come noi, sostanza fondamentale tuttavia la considerano prioritaria solo tra gli accidenti, e non la concepiscono come sostanza assoluta ma come sostanza individuale e differente per ogni soggetto in cui si infonde; ma così come chi dice o fa quello che faccio io non è me stesso, colui che dice o fa quello che io dico o posso fare, non lo fa con la stessa perfezione con la quale posso farlo io. Vedete, dunque, è così che viene considerata l’anima da costoro che la definiscono [sì] eterna[4] ma non la riconoscono, [di fatto], tale.
A questo punto Bruno evidenzia come il ragionamento dei seguaci dello Stagirita è affatto carente quando ci si riferisce alla forma delle cose inanimate che verranno riconosciute solo in quanto percepibili ai sensi.
È sulla natura dell’anima individuale che Teofilo/Bruno affonda l’ultima stoccata.
…per loro la materia non è contraibile nei singoli accidenti se non per qualche forma;[5] e questa forma, poiché viene riconosciuta come principio di una specifica sostanza, secondo loro deve essere sustanziale, anche se poi non potranno dimostrarne l’esistenza se non in quanto insita in un accidente. Pertanto, quando avranno dimostrato tutto ciò che potevano, si ritroveranno, è vero, una forma sostanziale, ma essa non potrà essere dimostrata se non per logica; e quindi, di fatto, per loro, le considerazioni logiche diventano Principio nelle cose esistenti in Natura.[6]
DIC. [Ma] Aristotele non se ne rende conto?
TEO. Credo proprio di si; ma non potendo porvi rimedio, l’unica cosa che poté dire fu che le ultime differenze sono innominabili et ignote.[7]
DIC. Quindi confessa apertamente la sua ignoranza; ciò mi porta alla determinazione che sono più credibili quelle tesi che danno risposta a questo quesito come avviene per Pitagora, Empedocle, ed il tuo Nolano, le cui tesi hai esposto ieri.
TEO. Questa è la teoria del Nolano:[8] Uno è l’Intelletto che dà l’essenza a tutte le cose, chiamato dai Pitagorici e dallo Pseudo–Timeo di Locri datore delle forme; Una è l’anima (il Principio che dà la forma) che si appalesa attribuendo la forma ad ogni cosa, chiamata, dagli stessi, fonte delle forme; Una la Materia, dalla quale vengono fatte e formate tutte le cose, chiamata, da tutti, ricetto delle forme.[9]
[1] Il riferimento è a Giovanni Duns Scoto, filosofo metafisico francescano (e in quanto tale fornito di cuculla, cioè del cappuccio spesso annesso ai sai monacali) del XIII secolo denominato il Dottor sottile.
[2] La contestazione è evidente: gli Scotisti riconoscevano una pluralità di sostanze indotte (su stanze) a differenza di Bruno che riconosceva, nella Materia, l’unica sostanza primigenia (sub stanza).
[3] Termine aristotelico per designare l’anima umana e la realtà che ha raggiunto il pieno grado di sviluppo.
[4] Nel testo Bruno usa il sostantivo sostanza; ma la sostanza per Bruno è eterna, pertanto il termine ‘eterna’ rende, qui, meglio l’idea.
[5] Le anime individuali degli esseri umani.
[6] Bruno, in pratica, accusa Aristotele di riconoscere, lui e non la Nolana Filosofia, all’uomo prerogative divine: se l’intelletto umano è principio delle cose, ebbene l’uomo sarà Dio. E Bruno, ovviamente, contesta tale effetto della filosofia aristotelica.
[7] Non sarà sufficiente, denuncia il Nolano, rifugiarsi nei misteri di Fede per riaffermare questo principio; specialmente perché la verità è molto più semplice e diretta di tutti i cavilli e sofismi delle dimostrazioni aristoteliche. Bruno, quindi, contesta ad Aristotele, ed a tutti i suoi seguaci, l’uso della Fede come scudo, per difendere la loro ignoranza. Da ciò a dire che in Bruno non vi fosse Fede, ovviamente, ne corre; ovunque, nelle sue opere, il Nolano dà dimostrazione di una profonda Fede ma… non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire; e allora, chi ha voluto attribuirgli la divisa di ateo e miscredente perché meglio soddisfaceva le proprie esigenze anticlericali ed anticattoliche, anche a dispetto della verità, si trova ad attaccarsi ad ogni più piccolo appiglio… tanto qualche credulone, e cattivo lettore, c’è sempre.
[8] Se stesso.
[9] Ricettacolo delle forme; per Bruno la Materia è quindi quella massa informe ed infinita che viene modellata dall’anima mundi nelle varie forme, individuali e accidentali, dall’Intelletto universale, che rappresenta la Volontà superiore che tutto decide.
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