Il commento all’ultimo dialogo di quest’opera, che è il punto più alto raggiunto dal filosofo nolano, non può cominciare senza la riproposizione della prima nota allo stesso dialogo nell’edizione dell’opera edita dalla casa editrice Mursia fatta dal prof. Augusto Guzzo
“Il De la Causa, Principio e Uno giunge ora ad illustrare l’Uno, dopo aver illustrato la Causa e il Principio. Ma non è l’Uno primo, quello che i neoplatonici chiamano Uno, cioè Dio, principio, dice il Bruno, soprannaturale, e perciò inaccessibile alla ricerca razionale o filosofica; bensì è l’Uno derivato, secondo, l’un universo: infinito, secondo il Bruno, quanto l’Uno primo sua fonte, ma d’una infinità ch’è specchio o ombra o effetto dell’infinità raccolta e “complicata” del primo Uno.”
Il motivo di questo tributo vuole essere il mio mea culpa per aver considerato tutti i commentatori del Nolano lontani dall’accettare che Giordano Bruno credesse in Dio e che fosse al più un mero panteista.
Rispetto ad un cristiano fedele osservante del dogma, Bruno evidentemente rifuggiva da una visione antropomorfa di Dio e la sua idea della Somma Divinità, probabilmente, era più vicina a quella ebraica giacché, come per quel popolo, non riteneva giusto discorrere dell’Unico Dio, del quale gli ebrei proibiscono persino di dire il nome. Oggetto della sua ricerca era solo la Sua manifestazione, Sua immagine riflessa e Sua ombra, l’Unica Materia, l’Universo.
Ode all’universo.
“È dunque l’Universo uno, infinito, inmobile.” Così inizia una pagina bellissima, di un lirismo unico, in cui Bruno estrinseca tutto il suo pensiero, scandito nelle sue parti nei dialoghi precedenti sul concetto dell’unicità del creato e sull’essenza in ogni sua parte del Tutto: noi siamo parti di un unico corpo (l’universo) che è, appunto infinito e immutabile nella sua unicità.
L’inno all’universo di Bruno-Teofilo viene riaffermato da Bruno-Dicsono che dimostra di aver capito ed accettato le tesi del primo, sottolineando con motivazioni logiche quelle metafisiche ed ermetiche proposte dal primo. Peraltro, è opportuno ribadire che Dicsono, del Nolano, rappresenta la mente, la razionalità, mentre Teofilo i sentimenti, il profondo sentire, come abbiamo già sottolineato nei commenti del dialogo terzo.
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