Il Bruno continua con il far esporre a Dicsono le teorie presentate da Teofilo, in modo da sottolineare come anche la cultura inglese poteva accettare la sua concezione del Tutto/Uno e le sue implicazioni.
Pertanto Dicsono continua…
Affermate che tutte le differenze che si vedono nelle forme dei corpi, nelle varie complessità, figure, colori ed altre proprietà e individualità non sono altro che diversi volti della stessa sostanza: volto effimero, mobile corruttibile di unico essere immobile, perseverante ed eterno; in cui sussistono tutte le forme, figure e membri, ma senza distinzioni, tutti collegati, come il seme [umano] in cui non c’è distinzione tra braccio e mano, tra busto e corpo, nervi ed ossa; l’individuazione dei quali [successiva alla nascita] non produce altra sostanza, ma pone in essere [atto] e definisce determinate qualità, differenze, accidenti e ordinamenti relativi a quella sostanza. E ciò che si dice del seme vale pure per il cibo che finisce con l’essere chilo, sangue, flemma, carne, seme;[1] lo stesso dicasi per ciò che produce il cibo e così via; lo stesso in tutte le cose salendo dal più basso grado della natura fino al più alto; salendo dall’universo fisico così come conosciuto dai filosofi fino all’altezza dell’archetipa,[2] così come conosciuta dai teologi, se vi aggrada; finché non si arriva ad una sostanza originale[3] ed universale, la stessa del Tutto, che si chiama Ente, origine di tutte le specie e forme; come in artigianato, dove il legno è soggetto a tutte le misure e figure, che non rappresentano il legno, ma sono di legno, nel legno e relative al legno. Perciò, tutto ciò che è differenza in generi, in specie, in caratteristiche, tutto ciò che è nascita, morte, variazioni e cambiamenti, non è Ente, non è Essere, ma condizione e circostanza di ente ed essere, il quale è uno, infinito, immobile, soggetto, materia, vita, anima, vero e buono.
E conclude…
Affermate che, poiché l’Ente è indivisibile e semplicissimo, poiché è infinito e atto in tutto e tutto in ogni parte (tanto da dire parte nell’infinito e non parte dell’infinito), non possiamo pensare che la Terra sia solo una parte dell’Ente, il Sole solo una parte della Sostanza, essendo quella indivisibile, ma è ben lecito dire sostanza della parte oppure, meglio, sostanza nella parte. Così come non è giusto dire che parte dell’anima sia nel braccio, o parte nel capo, bensì l’anima è nella parte che è il capo e la sostanza della parte; o nella parte, che è il braccio: perché l’essere porzione, parte, membro, tutto, tanto quanto, maggiore, minore, come questo, come quello, di questo, di quello, concordante, differente e altre definizioni che non sono l’uno assoluto, ma che non possono riferirsi alla Sostanza, all’Uno, all’Ente; ma per Sostanza, nell’Uno e relativo all’Ente, come modalità, ragioni e forme; altrettanto comunemente relative alla sostanza sono la quantità, qualità, relazione, azione, passione e altri specifici generi; in effetti l’Unico Sommo Ente, nel quale non c’è differenza tra atto e potenza, poiché è tutto ciò che può essere, è “complessamente” uno, immenso, infinito, che còngloba tutto l’essere, ed è manifesto nelle cose accidentali e nella distinta potenza ed atto che [con i sensi] percepiamo in esse. Perciò affermate anche che ciò che è generato e ciò che genera ( sia esso agente equivoco o univoco,[4] come affermano quelli che volgarmente filosofano), e la trasformazione nella generazione, sono sempre della stessa Sostanza. Per cui non vi sembrerà strana l’affermazione di Eraclito, che disse che tutte le cose sono uno, che per la mutabilità ha in sé tutte le cose; e poiché tutte le forme sono in esso, di conseguenza tutte le definizioni gli si attagliano: e quindi, anche gli enunciati contraddittori sono veri. E quello che differenzia le cose [accidentali] non è l’Ente, non le cose, ma ciò che appare, l’immagine esteriore, la superficie delle cose.
Ma la lezione bruniana non è ancora conclusa, manca ancora un elemento per completare il nòcciolo della Nolana Filosofia; manca ancora l’evocazione della magia, quello strumento sapienziale che consente all’uomo di entrare in piena simbiosi con l’Uno, con la Natura.
E Teofilo/Bruno ha in serbo quattro nuovi postulati che completeranno la formazione del suo interlocutore:
Oltre questo, voglio che apprendiate più capi di questa importantissima scienza e di questo fondamento solidissimo de le veritadi e secreti di natura.
Il primo enunciato determina l’unicità della scala che consente alla Natura di scendere alla produzione delle cose mentre l’Intelletto sale alla comprensione delle stesse.
D’altronde, una volta assodato che Natura ed Intelletto sono Uno, non potrà che essere una la scala su cui scendere e salire; e lo scendere della Natura coinciderà con il salire dell’Intelletto, in un unico movimento (movimento solo immaginato dall’uomo giacché l’Uno è immobile).
Il secondo enunciato riguarda i mezzi, percepibili a mente umana, utilizzati dall’Intelletto per donare la comprensione delle cose. Qui Bruno propone tanto l’uso dei numeri (nella analisi pitagorica) quanto delle forme (nell’analisi platonica) denunciando la sua predisposizione per le teorie pitagoriche; e dopo aver bacchettato il buon Platone per non essersi accontentato di restare nella scia del filosofo di Samo e aver voluto caratterizzare concetti simili ma con un’impronta personale, conclude ribadendo:
…quando aspiriamo e ne forziamo al principio e sustanza de le cose, facciamo progresso verso la indivisibilità; e giamai credemo esser gionti al primo ente e universal sustanza sin che non siamo arrivati a quell’uno individuo in cui tutto si comprende; tra tanto non più credemo comprendere di sustanza e di essenza, che sappiamo comprendere di indivisibilità.
Terzo[5], devi sapere che, essendo la sustanza ed essere distinto ed assoluto da la quantità, e per conseguenza la misura e numero non è sustanza ma circa la sustanza, non ente ma cosa di ente, aviene che necessariamente doviamo dire la sustanza essenzialmente essere senza numero e senza misura, e però una e individua in tutte le cose particolari; le quali hanno la sua particularità dal numero, cioè da cose che sono circa la sustanza.
Questo assunto ripropone quanto da me commentato per il primo. Teofilo chiude questo assunto sottolineando come il concetto di pluralità debba essere esteso ad ogni cosa prodotta/esistente in Natura.
A causa della complessità del lessico bruniano, preferisco, ancora una volta, proporvi la versione in lingua corrente:
Quel che vale per gli uomini è [ovviamente] riconducibile anche agli animali ed a tutto il mondo animato e vivente. Non diversamente, altri corpi [il mondo minerale?] sono presenti in molteplicità di numero. Similmente la sostanza accidentale è moltiplicazione della Sostanza. Quindi le cose accidentali derivano dalle qualità intrinseche dell’Ente, Vero e Uno cioè da entità, verità, unità.
Nel quarto assunto Teofilo/Bruno propone alcuni esercizi a dimostrazione delle sue tesi e dimostra l’uguaglianza, in geometria, tra arco e corda (linea curva e linea retta che, portate all’infinito, coincidono); la sovrapponibilità di triangolo di differenti misura ma con uguali angoli
È [facilmente] verificabile che come il triangolo non può essere scomposto in figure di altra specie così non può essere scomposto in triangoli nei quali la somma degli angoli sia differente[6] anche se singolarmente possono essere diversi, di diverse angolazioni; ma se presupponi un triangolo infinito (non realmente ma in assoluto giacché l’infinito non ha figura, infinito per supposizione) esso non avrà angolo maggiore rispetto al più piccolo triangolo finito, e lo stesso dicasi per misure intermedie o altrettanto immense.
E conclude con alcuni riferimenti su
le qualità attive[7] intrinseche della natura dei corpi…
…il principio del calore che è imprescindibile, e comunque separato dal calore nelle cose, poiché non bisogna confondere il principio con gli accidenti prodotti dal principio stesso, quindi il principio non è caldo né freddo, ma il calore che genera il caldo ed il freddo; per cui un contrario è principio dell’altro ed i passaggi di stato sono circolari essendo soggetto, principio, termine e continuazione e concorso dell’uno nell’altro. Il minimo caldo ed il minimo freddo coincidono; dal massimo calore ci si muove verso il freddo. Quindi è chiaro che non solo concorrono i due massimi nella resistenza [reciproca] ed i due minimi nella concordanza, ma anche concorrono il massimo ed il minimo nell’alternarsi: per questo i medici temono l’ottima salute, ed i saggi si intimidiscono di fronte alla massima felicità. Come si può non comprendere che morte e nascita hanno lo stesso principio? L’ultimo stadio della corruzione [delle cose] non è forse il principio del nascituro? Non si dice abitualmente tolto quello, posto questo? Era quello, è questo? A ben considerare la morte non è altro che una nascita, e la nascita non è altro che una morte, l’amore è odio, l’odio è amore, infine. L’odio per le cose avverse è amore per le cose concordi; l’amore di questo, l’odio di quello. In sustanza e radice,[8] l’odio e l’amore, l’amicizia e la lite sono la medesima cosa. Dove cerca l’antidoto al veleno il medico? Chi dà migliore teriaca[9] se non la vipera? Nei veleni più potenti le migliori medicine. Non si ottiene il massimo della potenza contrapponendo due [forze] contrarie? Come pensate che ciò sia possibile se non nell’unicità del Principio dell’essere, così come uno è il principio del concepimento di uno e di un altro oggetto; e quindi i contrari sono entrambi collegati al soggetto [che li possiede] che li percepisce con lo stesso senso.[10] La sfera si appoggia nel piano, il concavo si acquieta e risiede nel convesso, l’iracondo vive bene con il paziente, al superbo piace l’umile, all’avaro il prodigo.
[1] Il chilo è la materia assorbita dall’intestino; la flemma o flegma, nella concezione di Ippocrate, era un umore freddo del cervello umano: tutti elementi prodotti dall’introduzione nel corpo umano del cibo.
[2] In Bruno la Forma massima, l’immagine suprema in cui tutto si rispecchia.
[3] Non creata, l’universo.
[4] Giovanni Gentile al riguardo richiama le definizioni di tali termini date da Marciano Capella che per equivoco intendeva cose che avevano la stessa definizione pur essendo differenti, e per univoco cose a cui si poteva attribuire un’unica e sola, indiscutibile definizione.
[5] Teofilo passa al terzo enunciato.
[6] La somma degli angoli interni di qualsiasi triangolo è, infatti, pari, sempre a 180°.
[7] In atto.
[8] Causa e Principio.
[9] Estratto del veleno, per curare i morsi dei serpenti venefici.
[10] Si pensi al caldo ed al freddo che si percepiscono, appunto, con le stesse modalità.
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