Per il quarto dialogo Bruno riprende la diatriba sul significato delle parole, in questo dialogo si riferisce al termine mondo, diverso, nella interpretazione, anche tra i tanti pensatori della Grecia antica; ripropone, ancora, altre contestazioni di natura cosmologica alle tesi aristoteliche e, infine, si occupa dei corpi semplici, probabilmente gli atomi, per i quali afferma che non hanno una collocazione predeterminabile se non in rapporto al “composto” che vanno a formare.
In questo dialogo, inoltre, il Nolano afferma che ciascun accidente “composto” ha un proprio centro, e tutti insieme ne hanno uno comune; centro che però non deve essere cercato per l’universo.
…ciascuna parte abbia il suo mezzo e si referisca al mezzo commune del tutto; il quale mezzo non deve essere cercato nell’universo.
È la grande intuizione di Bruno: l’universo non ha un centro in senso fisico; è l’anticipazione delle teorie di Einstein e della fisica quantistica sul superamento delle funzioni di spazio e tempo, nell’universo.
Nel quinto dialogo il Nolano propone una disputa tra lui e un sapiente aristotelico. L’obiettivo è palese: alla fine, se l’interlocutore è scevro da preconcetti, non può che accettare i canoni della Nolana filosofia.
La prima cosa che balza agli occhi è la numerazione sbagliata delle proposte di costui, Albertino. Manca il numero otto (forse perché non credendo nell’infinità dell’universo evita di citare il numero che lo rappresenta?!?). Il tredicesimo punto corrisponde, in effetti, al dodicesimo del dialogo; come per l’ottavo punto, anche il dodicesimo argomento di Albertino è occultato. Ma basta, semplicemente, far di conto e si verifica che le argomentazioni sono solo undici, anziché le dodici denunziate: cosa ha inteso celare (o sottolineare) il Nolano?!? Nella Kabbalah il dodici corrisponde alla completezza e le argomentazioni di Albertino non saranno, pertanto, sufficienti; ma sono numerate fino al tredici, quasi ad indicare che, seguendo i canoni aristotelici, si va oltre il lecito; e l’assenza dell’ottavo argomento (il numero dell’infinito) e del dodicesimo (la completezza, appunto) denuncia l’errore di Aristotele che non riconoscendo l’infinito Cosmo non ha portato a compimento la sua Conoscenza.
Non mancano ulteriori spunti di riflessione in quest’ultimo scorcio dell’epistola.
Conosceremo che non è altro volare da qua al cielo che dal cielo qua, non altro ascendere da qua là che da là qua, né è altro descendere da l’uno a l’altro termine. Noi non siamo più circonferenziali a essi che essi a noi; loro non sono più centro a noi che noi a loro; non altrimente calcamo la stella e siamo compresi noi dal cielo, che essi loro.
“Conosceremo”, dice Bruno; ma la conoscenza è uno stato differente e superiore alla comprensione; il Nolano, quindi, afferma che con questo percorso l’uomo entrerà in piena simbiosi con il divino e con la natura, non limitandosi a capirne i processi ma partecipando agli stessi compiutamente; ribadisce il concetto che nell’universo non c’è centro o circonferenza.
Di più, la Nolana filosofia, afferma Bruno, è un inno alla gioia, alla libertà; specialmente alla libertà dalla paura, infatti…
Eccone, dunque, fuor d’invidia; eccone liberi da vana ansia e stolta cura di bramar lontano quel tanto bene che possedemo vicino e gionto. Eccone più liberi dal maggior timore che loro caschino sopra di noi, che messi in speranza che noi caschiamo sopra di loro; perché cossì infinito aria sustiene questo globo come quelli, cossì questo animale libero per il suo spacio discorre ed ottiene la sua reggione come ciascuno di quegli altri per il suo. Il che considerato e compreso che arremo, oh a quanto più considerare e comprendere ne diportaremo! Onde per mezzo di questa scienza otteneremo certo quel bene, che per l’altre vanamente si cerca.
Questa è quella filosofia che apre gli sensi, contenta il spirto, magnifica l’intelletto e riduce l’uomo alla vera beatitudine che può aver come uomo, e consistente in questa e tale composizione; perché lo libera dalla sollecita cura di piaceri e cieco sentimento di dolori, lo fa godere dell’esser presente, e non più temere che sperare del futuro;
Lascia un commento