Dopo le prime schermaglie tra i quattro dialoganti, Elpino entra subito in tema e mette sul piatto un argomento centrale e, con la renaissance della figura di Giordano Bruno e della Nolana filosofia, oggigiorno particolarmente succoso.
ELP.\ Certo, o Filoteo, se noi vogliamo far il senso giudice o pur donargli quella prima che gli conviene per quel che ogni notizia prende origine da lui, trovaremo forse che non è facile di trovar mezzo per conchiudere quel che tu dici, più tosto che il contrario. Or, piacendovi, cominciate a farmi intendere.
\ FIL.\ Non è senso che vegga l’infinito, non è senso da cui si richieda questa conchiusione; perché l’infinito non può essere oggetto del senso; e però chi dimanda di conoscere questo per via di senso, è simile a colui che volesse veder con gli occhi la sustanza e l’essenza; e chi negasse per questo la cosa, perché non è sensibile o visibile, verebe a negar la propria sustanza ed essere. Però deve esser modo circa il dimandar testimonio del senso; a cui non doniamo luogo in altro che in cose sensibili, anco non senza suspizione, se non entra in giudizio gionto alla raggione. A l’intelletto conviene giudicare e render raggione de le cose absenti e divise per distanza di tempo ed intervallo di luoghi. Ed in questo assai ne basta ed assai sufficiente testimonio abbiamo dal senso per quel, che non è potente a contradirne e che oltre fa evidente e confessa la sua imbecillità ed insufficienza per l’apparenza de la finitudine che caggiona per il suo orizonte, in formar della quale ancora si vede quanto sia incostante. Or, come abbiamo per esperienza, che ne inganna nella superficie di questo globo in cui ne ritroviamo, molto maggiormente doviamo averlo suspetto quanto a quel termine che nella stellifera concavità ne fa comprendere.
\ ELP.\ A che dunque ne serveno gli sensi? Dite.
\ FIL.\ Ad eccitar la raggione solamente, ad accusare, ad indicare e testificare in parte, non a testificare in tutto, né meno a giudicare, né a condannare. Perché giamai, quantunque perfetti, son senza qualche perturbazione. Onde la verità, come da un debile principio, è da gli sensi in picciola parte, ma non è nelli sensi.
Elpino, or dunque, pone al centro della ricerca i sensi, il metodo sperimentale a cui si contrappone Filoteo che ribadisce la superiorità della capacità critica dell’uomo, della logica, della sua intelligenza e della Conoscenza, sempre che l’uomo riesca ad avvicinarsi ad Essa.
Viene quasi da immaginare una disputa tra Galileo Galilei e Giordano Bruno, magari presso il ridotto Morosini a Venezia, luogo che certamente i due pensatori frequentarono nello stesso periodo.
Particolarmente significativa è la funzione che Filoteo attribuisce ai sensi; non un mero sviluppo delle capacità animali dell’uomo bensì il mezzo più alto per stuzzicare. Bruno dice eccitar, (cioè esprimere, tirar fuori) la ragione, la logica, la capacità critica ed intellettuale dell’uomo.
chi dimanda di conoscere questo per via di senso, è simile a colui che volesse veder con gli occhi la sustanza e l’essenza
dice Filoteo dell’Infinito. Sostanza ed essenza sono concetti metafisici che niente hanno a che vedere con il mondo fisico, immanente; la sostanza (dal latino substantia, traduzione del greco ousìa) per Platone assumeva il significato di “esistenza”, “modo d’essere”, ed anche di “idea dell’essere” ed “essenza”; con Aristotele, invece, assume il significato tradizionale di “fondamento” della realtà. L’essenza viene concepita, come concetto separato da Aristotele che la individua come “ciò per cui una cosa è quel che è”, quindi la sua “natura” o “specie”. Comunque, per Bruno niente hanno a che vedere con le esperienze sensoriali.
\ ELP.\ Dove dunque (troviamo la verità)?
\ FIL.\ Ne l’oggetto sensibile come in un specchio, nella raggione per modo di argumentazione e discorso, nell’intelletto per modo di principio o di conclusione, nella mente in propria e viva forma.
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