Giordano Bruno studia, fino al conseguimento della laurea, gli antichi filosofi greci; con frà Teofilo da Vairano Pitagora ed i presocratici e, con padre Giordano Crispo, Platone ed Aristotele. Ebbe tanti altri insegnanti e fu versato nello studio di Alberto Magno e Tommaso d’Aquino.
L’insegnamento, presso i domenicani, non consentiva di certo alcuna sorta di distrazione eppure il giovane Bruno trova il tempo, a vent’anni, di preparare un’opera da offrire a Papa Pio V, L’arca di Noè… e non solo. Scrive due opere che, almeno dal titolo, I pensieri gai e Il tronco d’acqua viva, sembrano essere opere più leggere ma prepara anche un’altra opera certamente impegnativa dal titolo: Il purgatorio de l’inferno, forse di natura morale o, più probabilmente, mnemotecnica.
Il primo periodo del suo impegno letterario lo vede, quindi, alle prese con quella particolare disciplina che va sotto il nome di mnemotecnica. Sia ben chiaro, l’impostazione mentale e la produzione letteraria di Bruno sarà sempre impregnata da questa disciplina, basterà leggere qualsiasi delle sue opere e si noterà come in esse egli provoca, quasi stuzzica, la memorizzazione utilizzando ripetizioni e riprese di termini e concetti che impediscono di dimenticare i messaggi che trasmette.
Lo studio della mnemotecnica, però, è fortemente collegato con un’altra disciplina, molto più ermetica e formativa: la cabala; e questo evidenzia l’interesse del Nolano per quelle tematiche etico cosmologiche che proprio nella cabala trovano la loro piena giustificazione e gli consentiranno di mettere a punto il suo modello filosofico che, riprendendo gli insegnamenti del Corpus Hermeticum, coniuga le varie teorie filosofiche che l’hanno preceduta in una sorta d’assemblaggio che, scartando solo gli eccessi intellettuali, recupera ogni forma di sapere.
La stessa operazione di assemblaggio Bruno cercherà di porre in essere con le varie confessioni religiose, per superare le guerre di religione che insanguinavano l’Europa del XVI secolo e, forse, fu proprio questa sua attività a portarlo al rogo, più della sua presunta e mai realmente dimostrata ereticità.
Ma ritorniamo al Bruno letterato. Fino alla pubblicazione del Candelaio, quindi, forse con le sole eccezioni delle due opere giovanili citate (I pensieri gai ed Il tronco d’acqua viva) Bruno si occupa, quasi esclusivamente, di mnemotecnica producendo opere di altissimo valore intellettuale e sapienziale come il De umbris idearum, il Cantus Circaeus ed il Sigillus sigillorum nonché l’Ars reminiscendi e l’Explicatio triginta sigillorum. L’interesse per questa disciplina nasce, molto probabilmente, dalla necessità di essere riconosciuto per la sua innata capacità mnemonica che gli avrebbe permesso, come in realtà accadde, di essere anche accolto presso atenei famosi come a Tolosa, Parigi (qui, in realtà, tra i Lecteurs Royaux) ed Oxford (anche se qui il suo soggiorno non fu certamente fortunato); ma anche presso diversi atenei tedeschi, da Wittenberg a Tubinga, fino ad Helmstedt.
Si percepisce, quindi, come già all’inizio della sua carriera Bruno abbia avuto ben chiaro in mente lo sviluppo del suo percorso di divulgatore formato dalle seguenti tappe: mnemotecnica, cosmologia, etica e morale, matematica e magia (intesa, ovviamente, come massima espressione di sapere e di partecipazione, attiva e consapevole, all’operosità della Natura).
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