Il posto di assoluta preminenza attribuito da Bruno alla Prudenza, al fianco della Somma Verità, sembra il riconoscimento dei suoi errori passati; troppo spesso il filosofo di Nola è stato vittima del suo “sangue caldo”, troppe volte ha agito impulsivamente e ha dovuto pagare severi pedaggi. A Napoli, nel convento dei domenicani, quando rifiutava orgogliosamente che nella sua cella vi fossero immagini di santi, accogliendo il solo Crocefisso; a Ginevra dove, senza tenere conto dell’importanza del personaggio, espose al ridicolo Antoine De la Faye, emerito professore di quell’Università, al quale addebitò l’ignoranza di Aristotele; quindi ad Oxford dove si schierò contro l’intero corpo accademico. Il riconoscimento, quindi, dell’alto seggio celeste alla Prudenza sembra un’ammissione di colpa e una sincera professione di penitenza, invece…
I più alti seggi, tra le virtù, vengono da Bruno assegnati a quelle che sono le sue principali prerogative. Alla Lira, con le sue nove corde, vi sostituisce Mnemosime, la Memoria, con le sue nove figlie, le Muse. Egli, quindi, riconosce a questa qualità dignità divina e di Virtù, e ciò non può non essere collegato con la consapevolezza della sua straordinaria capacità ritentiva.
Dopo aver attribuito il seggio di Cassiopea alla Semplicità, quindi all’Unicità divina, nel rispetto e nell’esaltazione della sua filosofia che riconosce l’identità dell’Uno con il Tutto, massima espressione del valore della Semplicità, intesa come non complessità, Bruno pone la Sollecitudine, intesa come Fatica, Impegno, Sforzo continuo al posto di Perseo. E anche in questo nell’eroe, avo di Ercole, egli si identifica; infatti i richiami a Pegaso, <…quell’aligero cavallo della studiosa perseveranza, con il quale, a quanto si forza, a tanto arriva e giunge, superando ogni intoppo di clivoso monte, ritardamento di profonda valle, impeto di rapido fiume, riparo di siepe densissima e di quantunque grosse ed alte muraglia…> ed allo scudo di Minerva (l’archetipo della Sapienza tanto amata da Bruno) che questi utilizza per riflettere le immagini, e che uccide chi vi si specchia, sono certamente un modo per tratteggiare se stesso. Il cavallo alato uscito dalla testa della Gorgone Medusa, infatti, sarà il simbolo della Santa asinità, nella quale egli si riconobbe nell’opera che pubblicherà subito dopo lo Spaccio… e che ne è il giusto seguito; la Sollecitudine di Perseo nel rincorrere i propri obiettivi, nello sconfiggere i propri nemici “mostrando” il loro volto, ricordano in modo troppo esplicito la “cocciutaggine” di Bruno e la sua perseveranza, e il suo “rinfacciare” agli avversari i loro difetti, in particolar modo la loro ignoranza e pedanteria.
Non sembra proprio questo il modo per riconoscere l’alto valore della Prudenza, ma è il solo modo di vivere che conosce Giordano Bruno.
Sull’identificazione di Bruno con Perseo lascio che parli egli stesso, lui che ha percorso l’intera Europa alla ricerca di quel Principe che le desse la dignità che le competeva, quella dignità che era stata dell’antica Grecia e dell’Impero Romano, che parli per bocca di Giove: <…montato sul Pegaso … col suo destriero alato discorra la mia diletta Europa; ed ivi cerca, dove son que’ superbi e mostruosi Atlanti, nemici della progenie di Giove, da cui temeno che gli vegnan tolte le poma d’oro, che sotto la custodia e serragli de l’Avarizia ed Ambizione tegnono occolte. Attenda ove son altre più generose e più belle Andromede che per violenza di falsa religione vegnono legate ed esposte alle marine belve. Guarde se qualche violento Fineo, constipato dalla moltitudine di perniciosi ministri, viene ad usurparsi i frutti dell’altrui industrie e fatiche. Se qualche numero de ingrati, ostinati ed increduli Polidetti vi presiede, facciasegli a il specchio tutto animoso innante, presentegli agli occhi ove possono remirar il suo fedo ritratto, dal cui orrendo aspetto impetrati perdano ogni perverso senso, moto e vita.>
Ma il “pelo” di questo “lupo” è pelo multiforme, pertanto nel chiudere il secondo dialogo egli ribadisce la sua stima nella Prudenza e l’allontanamento della Fretta, cattiva consigliera, facendo dire a Sofia, che deve preparare una perorazione da sottoporre a Giove: <Mi piace l’aspettare, perché con questo che la cosa verrà proposta più tardi, potrà anco megliormente essere ordinata. Ed a dire il vero, io in gran fretta (per non mancar il mio dovero per la promessa che ti avevo fatta di commetterti oggi la richiesta) non ho possuto satisfar a me medesima, atteso che penso che le cose denno essere esposte più per particolare che non ho fatto in questa nota…> e la stessa risposta di Mercurio è indirizzata nella stessa direzione, infatti <…ma voi farrete bene di servirvi della commodità di questo tempo per far più lungo e distinto memoriale, a fine che si possa a pieno provedere al tutto.>
Animo inquieto quanto eroico, il filosofo nolano quindi, da un lato è consapevole della necessità di essere prudente nell’esporre le sue teorie, ma dall’altra non riesce proprio ad accettare l’ipocrisia, la pedanteria e l’ignoranza sposata alla protervia dei suoi interlocutori, i quali più in alto sono assisi e più sono giustamente destinatari del disprezzo del Nolano.
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