Dopo aver ‘regolato’ le costellazioni più a Nord, quindi quelle collegate con la ragione ed i più alti princìpi dell’essere umano, dopo aver ‘spacciato’ le costellazioni dell’Equatore celeste, lo Zodiaco, collegate con la vita quotidiana dell’essere umano, Bruno si appresta a dare la giusta collocazione alle cosiddette costellazioni australi, quelle cioè che sono al di sotto dell’Equatore celeste; da non confondere con le costellazioni che sono nell’emisfero australe, non conosciute da Bruno, come altrove sottolineato. Queste costellazioni sono collegate con la parte più istintiva dell’Uomo, con l’Inconscio collettivo, col le ansie e le paure più recondite. È naturale che l’identificazione di alcuni personaggi di questa sezione abbia dato origine ad una serie di ipotesi sul pensiero bruniano; è logico, in altri termini, che i pervicaci detrattori e gli illusi adulatori di Bruno si siano “sbizzarriti” nell’identificare alcuni personaggi con Cristo, il Papa, la Chiesa, Lutero e così via.
La prima figura oggetto di tali attenzioni fu quella di Orione, il mancato stupratore di Diana che viene sostituito in cielo dalla forza propositiva, quindi allo stupratore si sostituisce il guerriero, alla forza bruta e incontrollata la forza propositiva.
Chi rappresenterebbe Orione? Quale prerogativa umana deve essere, in lui, correttamente posizionata? Il Consiglio degli dei è la forza regolatrice dell’ordine naturale (come dice Bruno durante il suo processo; non c’è, quindi, alcuna intenzione teologica nelle sue opere, che hanno un taglio specificamente filosofico) ed Orione è il figlio di tre Numi (Giove, Nettuno e Mercurio che hanno orinato nella pelle di bue da cui è nato questo gigante) quindi egli è manifestazione delle loro peculiarità: giustizia, trasformazioni e ribalderia; Momo teme che l’eroe intenda sostituirsi a Giove e forse all’intero Consiglio, cioè all’ordine naturale che è difeso e collegato con l’Altissimo attraverso una molteplicità di archetipi e che rischia di vedersi soppiantato da un’unica immagine; ed è questo sopruso che Bruno ripudia e che concepisce come blasfemo: non può essere solo uno l’aspetto della sapienza dell’Olimpo (rappresentata in Orione) a fungere da intermediario tra l’uomo e l’Altissimo. Si è voluto identificare in Orione la figura di Cristo; ma perché non Aristotele? Non è egli Greco, come sottolinea il Nolano nello Spaccio? Non ha egli stesso la pretesa di essere l’unico depositario della verità, come lo Stagirita era considerato al tempo di Bruno?
La verità non è forse nascosta e svelata dalla molteplicità e fusione di tutte le varie dottrine filosofiche? E padre Bruno non ha forse urlato al suo processo che non ha mai inteso affrontare problemi teologici, e che i suoi scritti erano solo di ordine filosofico, astrologico, astronomico e, tutto al più, morale? Orione/Aristotele nel suo delirio di onnipotenza, che è destinato ad essere punito dal Consiglio, si illude, forse, di essere come Cristo, ed è, forse, per questo che cammina sulle acque, dà la vista ai ciechi e fa camminare gli storpi; è questa la corretta chiave di lettura di questo passo dell’opera?!? Se così, niente a che vedere con l’interpretazione blasfema di tanti studiosi.
La prova della correttezza di questa tesi è data dalla figura del Nume che perora la sostituzione, in cielo, dello stupratore con l’operosità e l’arte militare e l’esercizio della guerra; non è Marte come si potrebbe pensare, ma Minerva, Dea combattente ma protettrice delle Scienze e della Sapienza; è infatti la Scienza e la Sapienza, non la Fede e la Religione, che è in pericolo con questo “stupratore”; ad essere stuprata è la Verità, la Sofia, e lo “stupratore” di queste virtù non può che essere lo Stagirita, Aristotele. La Religione non ha niente a che vedere con questo passo, e meno ancora Cristo, e neppure il Papato o Lutero; in esso Bruno si occupava di filosofia, e dello “spaccio” di Aristotele.
L’ipotesi che Bruno con la figura di Orione intendesse riferirsi a Cristo è da considerarsi, inoltre, opportunistica; in effetti egli durante il processo si sarebbe difeso da tale accusa asserendo che nei suoi scritti non si era mai interessato di problemi teologici ma solo di filosofia; uso il condizionale perché del “processo Bruno” nell’archivio vaticano non resta che l’indice e pochi frammenti, tutto utilizzato da L. Firpo per il suo “Processo di Giordano Bruno”. La scomparsa del certamente voluminoso incartamento del processo è uno dei “gialli” che riguardano questo fantomatico archivio: esso potrebbe essere andato distrutto nell’incendio avutosi allorquando le truppe napoleoniche occuparono dopo lo Stato Vaticano anche Roma, il 2 febbraio 1808, ma anche, come accadde a molte opere d’arte che presero con le truppe francesi la strada verso Parigi, essere stato trafugato per ordine del “Grande Còrso” e fatto scomparire; in fondo per un massone, quale fu Napoleone, poter annoverare tra i suoi “progenitori” il “martire del libero pensiero” e del Panteismo era una vittoria molto importante; e se dalle pagine del processo si fosse evinto inequivocabilmente che Bruno non si riteneva assolutamente un eretico? Se Bruno avesse pervicacemente ribadito la sua fede in Cristo? Quale smacco sarebbe stato per tutta la cultura liberal-massonica!?! Egli, l’ispiratore della setta dei Giordanisti, il proto-massone per eccellenza credeva intimamente in Cristo e nella sua natura divina ed umana! Era, per costoro, inconcepibile; chiunque al loro posto avrebbe fatto scomparire le prove di questa verità. Non conosco certamente quale sia la verità, ma come me non la conosce nessun altro; forse solo (se l’ipotesi fosse vera) i successori di chi occultò quei documenti, con il tacito beneplacito di chi deve nascondere la vergogna di un rogo dettato da motivi politici e non certamente religiosi. Ho già avuto modo di esprimere il mio modestissimo parere al riguardo nel commento al primo dialogo del “De l’Infinito, universo e mondi” a cui rimando.
Lascia un commento