Punto focale della Cabala del cavallo Pegaseo è la comprensione della correlazione tra Asinità e Verità; in effetti Sebasto si chiede perché l’Ignoranza, caratteristica riconosciuta dell’asino, non debba essere più vicina alla Falsità che è negazione della Scienza anziché alla Verità che ne è l’affermazione; quindi come possa essere l’Asinità stessa motore della Sapienza. A rispondere è, ovviamente, Saulino che afferma: <Perché la sofia creata senza l’ignoranza o pazzia, e per conseguenza senza l’asinità che le significa ed è medesima con esse, non può apprendere la verità; e però bisogna che sia mediatrice; perché come nell’atto mediante concorreno gli estremi o i termini, oggetto e potenza, cossì nell’asinità concorreno la verità e la cognizione, detta da noi sofia.> Vale a dire che se non si ha la consapevolezza della propria ignoranza non è possibile aggiungere conoscenza al proprio sapere/non sapere, quindi tale consapevolezza diviene il primo passo verso la conoscenza, la sapienza e quindi sofia.
<…chi è ignorante, per quanto è ignorante, è stolto; e chi è stolto, per quanto è stolto, è asino: e però ogni ignoranza è asinità> contesta Sebasto a Saulino che così spiega come egli, invece, vede raggiungibile la Verità attraverso l’Asinità: alcuni la raggiungono per ispirazione divina, grazie all’intervento de l’intelletto agente che s’intrude nell’animo, excitandovi il lume interiore; ma essi sono Pauci, quos ardens evexit ad aethera virtus come afferma Virgilio, “i pochi eletti che hanno questa benedizione”; altri pervengono alla Verità attraverso l’ignoranza. Attraverso l’ignoranza si perviene alla Verità in tre modi differenti; alcuni la raggiungono per negazione, cioè assumendo un atteggiamento assolutamente scettico dinanzi a qualsiasi osservazione ed analisi, rinnegando ogni loro sapere, non dando niente per certo, permettendo così alla Verità di esprimersi al massimo; altri invece, comunque ignoranti, sono pieni di nozioni fasulle nelle quali credono ciecamente, finendo con il credere di più sapere quanto meno sanno; per costoro sarà necessario prima depurare la loro mente e il loro animo dalle falsità di cui sono imbevuti e solo dopo sarà possibile instillargli la Verità; il terzo tipo di persona <…essendo creduti da altri ignorantissimi, son veramente dotti, per ridursi a quella gloriosissima asinitade e pazzia. E di questi alcuni sono naturali, come quei che caminano con il lume suo razionale, con cui negano col lume del senso e della raggione ogni lume di raggione e senso; alcuni altri caminano, o per dir meglio si fanno guidare con la lanterna della fede, cattivando l’intelletto a colui che gli monta sopra ed a sua bella posta l’addrizza e guida;> questo tipo è quello consapevole della propria ignoranza, e più che perseguire la Sapienza, si offre alla Fede ed è attraverso questa che raggiungerà la Verità, la Ierusalem della beatitudine e vision aperta della verità divina. Essi potranno raggiungere la Sapienza divina di cui saranno partecipi anche se non artefici.
La motivazione della “santità dell’asino” viene data subito dopo da Saulino allorquando cita i tre modi diversi di rapportare l’intelletto umano alla Verità, un primo modo utilizzato da gli cabalisti e certi mistici teologi, uno differente da parte dei filosofi quali Pirrone, Socrate, Platone e i loro seguaci, un terzo modo utilizzato dai teologi cristiani ed in particolare dai seguaci di Paolo di Tarso, il quale <…la viene tanto più a magnificare, quanto a giudicio di tutt’il mondo è passata per maggior pazzia:> sembra quasi che Bruno voglia collegare il pensiero di S. Paolo con l’adagio erasmiano dell’Elogio della pazzia. I tre tipi di asinità dispongono tre approcci differenti rispetto alla sapienza, con il primo si nega ogni cosa, ed è l’approccio dei cabalisti e di quei mistici teologi a cui, evidentemente, Bruno ritiene di appartenere; con il secondo ci si pone costantemente in una posizione dubitativa; con il terzo, invece, si supera il rapporto tra Verità e sapienza sostituendo a quest’ultima la fede che viene ad essere l’obiettivo finale da perseguire. I simboli di questi diversi modi d’essere dell’asinità sono: il puledro per il primo gruppo, un puledro rampante, irruente, scalpitante e vivace; l’asina per il secondo gruppo, la quale dinanzi a due strade divergenti non riesce a decidersi su quale prendere; l’asina con il suo puledro, quella cioè che accompagnò Gesù Cristo nel suo ingresso trionfale in Gerusalemme, è simbolo del terzo tipo; in quest’immagine l’asina sta a rappresentare il popolo ebraico ed il puledro il popolo gentile, cioè il mondo cristiano occidentale che dell’ebraismo è figlio benché differente, come un puledro con mamma asina, appunto. Questi tre tipi di ignoranza che misurano tre modi differenti di approcciarsi con l’asinità in concreto si ricongiungono nelle radici dell’albero delle Sephirot dove, invece, soggiace l’Asinità in astratto.
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