Il primo ed il terzo tipo di asinità sono, per Saulino, coincidenti perché perseguono la stessa via nel conseguire la Verità, infatti sia attraverso la fede (terzo tipo) sia attraverso il disconoscere qualsiasi Sapere (la via cabalistica, e la via di Bruno) finiscono con l’aprirsi completamente alla Verità divina; e Saulino ne ricorda la genesi: quando <veddero e considerorno que’ santi dottori [primo tipo] e rabbini illuminati [terzo tipo] che gli superbi e presumptuosi sapienti del mondo […] hanno avuto ardire d’alzarsi alla scienza de secreti divini e que’ penetrali della deitade, non altrimenti che coloro ch’edificâro la torre di Babelle, sono stati confusi e messi in dispersione […] Che fêro?qual partito presero? Fermâro i passi, piegâro o dismisero le braccia, chiusero gli occhi, bandîro ogni propria attenzione e studio, riprovâro qualsivoglia uman pensiero, riniegâro ogni sentimento naturale: ed in fine si tennero asini.> Questi sapienti per conseguire la Verità si conformano alle caratteristiche dell’asino, quindi …<ingrossâro e magnificorno l’orecchie; e tutte le potenze de l’anima riportorno e uniro nell’udire, con ascoltare solamente e credere; …hanno inceppate le cinque dita in un’unghia> così da non utilizzare la mano in azioni blasfeme o “false” come fece Adamo nel prendere il “pomo della sapienza” e Prometeo nel rubare il fuoco degli Dei; <hanno ingrossate le labbra, insolidate le mascelle, incontennuti gli denti, a fin che, per duro, spinoso, aspro e forte a digerir che sia il pasto che gli vien posto avante, non manche d’essere accomodato al suo palato.> In effetti essi mortificano i propri sensi per meglio avvicinarsi al divino e quindi alla Verità; e questo percorso viene fatto sia dall’uomo di fede che dal sapiente (cabalista o alchimista) che è conscio della propria ignoranza. Il terzo tipo di asinità, invece, cioè quello dei filosofi pirroniani, platonici ecc. raggiunge la conoscenza attraverso il dubbio. Questo tipo di “asinità” non viene riconosciuta ad Aristotele che viene visto da Bruno come colui che è “pieno” del suo sapere, delle sue certezze assolute e, quindi, fortemente a rischio nel suo percorso verso la conoscenza. (FINE)
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