Attraverso Onorio, Bruno afferma che la Metempsicosi deve essere tenuta sì in considerazione ma con gli opportuni distinguo, cioè nello spirito della propria visione ontologica che prevede il ripetersi dell’ingresso dell’anima in un corpo non come nuova nascita bensì come una nuova ed ulteriore manifestazione dell’Anima che eternamente in forma la eterna materia. Da questa differenza scaturisce la distanza tra Saulino ed Onorio ed il prendere per spasso le tesi sulla reincarnazione.
La metempsicosi, dal greco metempsychousthai (‘passare da un corpo ad un altro’), composto da meta- (‘oltre’) e pshyco (‘anima’), intesa nella sua originaria accezione e così come viene disconosciuta dalla religione cattolica non appartiene al pensiero bruniano. Per reincarnazione, trasmigrazione delle anime o metempsicosi si intende la rinascita in un altro corpo dell’anima o spirito di un individuo, dopo la sua morte fisica. Essa è uno dei concetti fondamentali dell’Induismo, del Giainismo, del Sikhismo e di alcune religioni africane, così come di altre filosofie o movimenti religiosi. Nell’antichità occidentale questa credenza era uno degli argomenti principali dell’antropologia pitagorica e platonica, divenendo poi fondamentale nel misticismo neoplatonico con Plotino, Giamblico e Proclo. Si ritiene che il concetto di reincarnazione sia accostabile al concetto buddhista di rinascita, ma è risaputo che i due concetti sono ben distinti tra loro; il Buddhismo afferma che non ci sia alcun Sé da reincarnare. Tuttavia, la differenza è formale e si basa su un diverso punto di vista, infatti la religione induista può enfatizzarne alcuni aspetti, e la religione buddhista enfatizzarne altri; ma un Buddhista ed un Induista evoluti interpreterebbero il fenomeno della reincarnazione nello stesso identico modo.
L’ontologia bruniana non permette di utilizzare il termine metempsicosi né tanto meno ‘reincarnazione’ giacché egli … ponendo poi il mondo causato et produtto, intendeva che secondo tutto l’essere è dependente dalla prima causa; di sorte che non abbhorriva dal nome della creatione, la quale intendo che anco Aristotele habbia espresso, dicendo Dio essere, dal quale il mondo et tutta la natura depende; sì che, secondo l’esplicatione de san Thomaso, o sia eterno o sia in tempo, secondo tutto lo essere suo è dependente dalla prima causa et niente è in esso independentemente… Da questo spirito poi, che è detto vita dell’universo, intendo nella mia filosofia provenire la vita et l’anima a ciascuna cosa che have anima et vita, la qual però intendo essere immortale, come anco alli corpi. Quanto alla loro substantia, tutti sono immortali, non essendo altro morte che divisione et congregatione; la qual dottrina pare espressa nell’Ecclesiaste, dove dice: “Nihil sub sole novum…”» (in Firpo, Il processo di Giordano Bruno, 1993, pp. 167-169). Non è difficile riconoscere in questo vigoroso schizzo di pensiero i tratti fondamentali della filosofia di Bruno: in particolare la divinità che fonda l’universo, gli infiniti mondi come realtà unica, l’anima mundi come principio vitale delle cose. In effetti i giudici veneziani non diedero molta importanza al contrasto tra la dottrina di Bruno sull’origine eterna dell’universo spiegata con la dottrina di S. Tommaso e la creazione nel tempo di cui parla la Genesi (creazione, 3, 2), cosa che invece sarà messa in primo piano dal tribunale romano. Gli stessi giudici non colsero ugualmente i legami tra l’anima dell’universo e quella metempsicosi di cui era stato accusato dal Moncenigo; e chissà quale dei due tribunali avesse ragione. La in forma tizzazione dell’Anima nella Materia della ontologia bruniana non deve far pensare a successive forme di purificazione che poi sbocchino in una stabile vita superiore di tipo paradisiaco. L’anima umana, l’anima rationalis immaginata da Bruno, è un centro di vita in rapporto a una certa area, ma non un vero centro autonomo. Il Nolano ha ipotizzato il concetto di anima-nocchiero dell’uomo, pur ricorrendo anche a qualche altra immagine con la quale la circoscrive. Chi veramente guida però l’uomo è l’anima mundi. È sempre l’anima mundi a far sì che l’uomo, pur senza essere persona, passi da un mondo naturale a un mondo razionale-cosciente, dominato dallo spirito/amore e a contatto con Dio, unica vera possibilità di immortalità per l’uomo, nonostante le vicissitudini. Tra l’altro, ad ulteriore riprova di tali tesi, va ricordato che Bruno durante il processo negò di aver parlato della temporaneità dell’inferno, pur affermando con molta vivacità la possibilità teorica di una forma di metempsicosi. Continuò pure a sostenere, con S. Tommaso, la possibilità di un’origine eterna del mondo e ad ammettere la sua caducità, ma evitò di precisare che nel fare quest’ultima affermazione non intendeva riferirsi alla sostanza cosmica universale, che restava per lui immutabile. Anche la pluralità dei mondi, l’omogeneità di questi con la Terra, il suo movimento vennero, in quella sede, difesi con molta abilità.
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