La donna a cui mi riferisco, sembra ammonire Bruno, pur non essendo quella ideale, come l’aveva cantata Petrarca, non è neppure una in particolare, bensì la donna come genere e i sonetti presenti nell’opera cantano l’amore e la passione che essa ispira, ben differente da un sentimento melenso ma vero appulso a determinare, e far sgorgare, quell’Amor Furioso che, dice il Nolano, muove il mondo e indirizza alla Verità.
Finalmente, Bruno passa alla presentazione dei suoi dialoghi: cinque più cinque, suddivisi in due parti; dove nella prima parte enuncia le tesi che portano l’amor furioso a proporsi come strumento per raggiungere l’unione con il divino mentre nella seconda elenca e descrive gli strumenti e le tecniche da utilizzare per pervenire a tale realizzazione, al compimento dell’Opera.
E quindi… il primo dialogo, della prima parte, elenca i soggetti e gli oggetti che attengono allo sviluppo dell’amor furioso. Qui, il filosofo fa ampio ed esplicito riferimento alla teoria della sintesi dei contrari che permette il riconoscimento del Fine qualunque sia il percorso.
Infatti, egli chiosa: “Nel quinto s’ispiega una naturale contemplazione in cui si mostra che ogni contrarietà si riduce a l’amicizia o per vittoria de l’uno de’ contrarii o per armonia e contemperamento o per qualch’altra raggione di vicissitudine, ogni lite alla concordia, ogni diversità a l’unità: la qual dottrina è stata da noi distesa ne gli discorsi d’altri dialogi.”[1]
Gli altri quattro dialoghi della prima parte, sottolinea il filosofo, elencano gli impulsi, pur contrari, che ispirano l’amor furioso e ne mostrano gli effetti (in particolare proponendo il mito di Atteone e Diana).
La struttura della seconda parte de Gl’Heroici Furori somiglia, in qualche modo, a quella del libro-simbolo della Nolana Filosofia, il De la Causa, Principio e Uno.
Come in quello, questa seconda parte consta di quattro dialoghi in cui vengono descritti i vari stati in cui viene a trovarsi l’amante furioso utilizzando ancora sonetti per introdurre le considerazioni del Nolano ma anche simboli e motti e dialoghi tra i due mezzi che collegano il furioso all’oggetto del suo amore: occhi e cuore.
Bruno, va ancora una volta, come spesso accade nelle sue opere, oltre i limiti posti da lui stesso al fluire delle sue teorie; ed ecco che nove ciechi (a dimostrazione che gli occhi, la vista, non sono indispensabili allo sgorgare del sentimento dell’amore) raccontano la loro esperienza.
Il quinto dialogo, infine, come il primo del De Causa, è in qualche modo, slegato dagli altri quattro. In esso il filosofo lascia che ad esporre il suo pensiero siano due donne; e non si esime dal sottolineare come tale espediente sia del tutto rivoluzionario, e totalmente irriverente verso la cultura dominante del XVI secolo, che vuole le donne confinate in attività manuali e ben lontane da ogni forma di speculazione filosofica.
È la miglior risposta che il Nolano dà a coloro che l’hanno tacciato di maschilismo e persino di misoginia. D’altro canto, a raggiungere lo stato d’estasi, che è il fine ultimo del furioso, è chiamato ogni essere che partecipa alla vita dell’Universo. Tale stato è l’unico modo, alternativo al perseguimento della gnosi mediante lo studio e la sapienza, per entrare in piena sintonia con l’Uno e conseguire quella completezza del sé che il filosofo vede come il vero scopo della filosofia e dello stesso scopo della vita.
[1] È evidente il riferimento alla Sintesi dei Contrari enunciata nel quinto dialogo del De la Causa, Principio e Uno.
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