Nei dialoghi italiani Bruno non si dilunga nell’analisi delle sue conoscenze cabalistiche ed ermetiche, eppure non una delle sei opere che compongono questo insieme è priva di richiami più o meno velati all’una ed all’altro. L’opera precedente gl’heroici furori ne presenta uno addirittura nel titolo, ma chi si aspetta di trovarvi una lezione di cabala, resterà molto deluso. La kabbalah, come l’ermetismo e più di esso, è una disciplina segreta e come tale viene trattata da Bruno, il quale, però, essendosi assunto il ruolo di istruttore di questi segreti lo fa; ma ovviamente nell’unico modo concesso, cioè velando la verità con allusioni, iperboli, archetipi, immagini e perfino racconti, come quando utilizza un ricordo del padre …dicendo una sera dopo cena un certo de nostri vicini: – Giamai fui tanto allegro quanto sono adesso; – gli rispose Gioan Bruno, padre del Nolano: – Mai fuste più pazzo che adesso. –
L’equilibrio cosmico, che è uno dei punti fermi delle dottrine ermetiche viene, seppur in modo indiretto, richiamato anche in questa opera, perché l’equilibrio è in tutto, nell’universo come nell’animo umano, come nel suo corpo. E negli affetti e loro manifestazioni sono visibili i semi di tale equilibrio, manifestazione di virtù, e la presenza contraria di squilibri, che fatalmente si sdoppiano, manifestando i vizi, fino a ricomporre l’equilibrio indispensabile alla vita universale. Afferma, infatti, Bruno: “Mostra qualmente patisca quel disquarto e distrazione in se medesimo: mentre l’affetto, lasciando il mezzo e meta de la temperanza, tende a l’uno e l’altro estremo; e talmente si trasporta alto o a destra, che anco si trasporta a basso ed a sinistra.”
Sembra quasi che il Nolano descriva le prerogative dell’Albero della Vita o delle Sephirot. Nell’albero delle sephirot, verso l’alto si trovano quelle più vicine alla divinità, scendendo a partire dalla Corona (Kether) fino a quella più vicino all’uomo, in basso (Malkuth); a destra si trovano quelle che guidano il rapporto con la regola e la giustizia (Binah, Geburah, Hod), a sinistra quelle che assistono gli impulsi, gli istinti (Chockmah, chesed, netzach); e finalmente al centro le Sephirot che riequilibrano i lati contrari (Tifareth e Yesod), la prima nei rapporti etici, la seconda in quelli materiali. Tifareth viene quindi associata al Sole ed a Cristo, Yesod alla sessualità, alla procreazione.
Il rapporto, quindi, tra l’alto e la destra con la virtù e il basso e la sinistra con il vizio, individuato da Bruno, trovano una piena giustificazione nell’albero ermetico per eccellenza: l’albero della vita o albero delle Sephirot. È lo stesso equilibrio che Bruno pretende essere nel centro che viene riaffermato dalle quattro Sephirot centrali. Kether che collega con la divinità, Malkuth con la natura creata, Tifareth con il divino che è nell’uomo, e Yesod con la natura che opera in esso. E la stessa Sephira nascosta, Daath, ispiratrice della consapevolezza, ha funzione equilibratrice ed è situata centralmente, benché nelle spalle, nascosta appunto.
Ma è solo nel centro che vi è equilibrio e si manifestano le virtù, non anche nelle tensioni tra i lati contrari, è questo l’insegnamento del Nolano in questo dialogo, perché pur tendendo dal lato sinistro verso il destro o dal basso verso l’alto non si consegue equilibrio, quindi virtù, bensì dei doppi vizi: l’equilibrio è solo nel centro, luogo inerziale e quindi immobile, perfetto ed eterno, unico in cui la virtù si manifesta; luogo rappresentato dalla figura dell’asino, celebrato, giammai offeso, nella Cabala del cavallo Pegaseo.
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