A mezzogiorno di quel 6 agosto 1586, Bruno si diresse all’imbarcadero sul fiume Lahn e si consultò con un barcaiolo che era pronto per partire.
“…È la via più lunga, ma certamente la più sicura per raggiungere la Sassonia. Ci dirigeremo prima a Nord-Est fino al Reno poi, voi andrete verso Est. Dovrete cambiare spesso barca e fiume ma la navigazione è sicura e, tra dieci o dodici giorni al massimo, avrete raggiunto Wittenberg. Quando mi lascerete vi dirigerete verso l’Eder e chiederete al barcaiolo di farvi scendere nei pressi del Weser; risalite quest’ultimo per una cinquantina di chilometri finché alla vostra sinistra non si mostrerà un’enorme pianura, che attraverserete. In poco più di tre giorni raggiungerete l’Elba e, di lì, la vostra destinazione.”
Le indicazioni del barcaiolo risultarono puntuali e preziose, infatti durante tutto il viaggio Bruno non incontrò intoppi di sorta e il 17 agosto, quando il Sole si era levato da meno di un’ora, sbarcava a Wittenberg.
Il viaggio era stato rilassante e produttivo. Il Nolano aveva potuto godere della spettacolare rappresentazione che la Natura concedeva in quelle terre. Il panorama alternava colline a monti, immense foreste a vaste pianure, ed i colori che il pellegrino aveva potuto osservare avevano una nitidezza che non aveva potuto osservare più da tanti anni, da quando aveva lasciato la sua Napoli; ma questi erano ancora più intensi e trasmettevano, attraverso la vista, un calore struggente al cuore. La mente speculativa di Bruno, comunque, era sempre la compagna preferita del suo animo poetico, e si soffermò sull’unico neo di quel viaggio: – Se questi fiumi fossero collegati tra loro avrei potuto portare a termine questo viaggio nella metà del tempo. Se riusciremo a pacificare l’Europa, la realizzazione di quest’idea dovrà essere uno dei primi obiettivi del Principe, chiunque egli sia. Un sistema di canali costruiti dall’uomo che colleghi la Senna al Reno e all’Elba, e magari anche al Danubio potrà permettere la veloce diffusione non solo di merci ma anche di idee. E questo significherebbe certamente, sempre di più, pace e concordia. – pensò.
La prima meta che si prefissò, quella mattina, fu la Chiesa-castello, la Schlosskirche, sulla cui porta, come sapeva, Lutero settanta anni prima aveva affisso le sue 95 tesi con cui diede, di fatto, inizio alle lotte di religione. Restò molto sorpreso dalla strana architettura della chiesa. Era veramente una Schlosskirche, giacché, come apprese da un contadino che passava di lì, essa era corpo unico con la residenza del Duca; ma era, anche, ingentilita da una guglia molto simile a quelle delle cattedrali gotiche che aveva ammirato in Francia che svettava sul tetto, mentre alle sue spalle si ergeva una torre con una strana cupola a cipolla.
Da lì si recò alla Stadtkirche o Marienkirche, la chiesa di Santa Maria, e lì più che dalle due imponenti torri gemelle fu affascinato dalla serenità e dal brio che trasmetteva l’antistante Piazza del Mercato poi, il Nolano restò come in trance dinanzi alla fontana eretta nel punto in cui il 10 dicembre 1520 era stato compiuto il supremo gesto di ribellione del riformatore tedesco: il rogo della bolla papale Exsurge Domine promulgata da Leone X.
Continuò la sua visita alla Città: dai due ponti sull’Elba al Palazzo del Principe Elettore, alle spalle della Schlosskirche, a quello che era stato il Convento degli Agostiniani, divenuta successivamente l’abitazione di Lutero, alla casa di Filippo Melantone, sobria come il suo celebre inquilino.
Sentì dentro di sé un profondo sentimento di pace che la Città gli stava trasmettendo. Wittenberg aveva accettato il nuovo ospite.
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