DIC.\ Or assai è detto delle cause; procediamo a raggionar de gli principii.
TEOF.\ Or, per venire a li principii constitutivi de le cose, prima raggionarò de la forma per esser medesma in certo modo con la già detta causa efficiente; per che l’intelletto che è una potenza de l’anima del mondo, è stato detto efficiente prossimo di tutte cose naturali.
Allora, seguiamo Teofilo nel suo percorso meditativo.
Poiché dobbiamo discorrere del principio negli accidenti, de le cose, dice Bruno, è opportuno affrontare il concetto di forma, coincidente con la causa efficiente; questo perché l’intelletto, nella sua essenza di anima mundi, è riconosciuto come efficiente prossimo delle cose esistenti in natura.
Riguardo a quest’ultima identificazione del Nolano mi fa piacere ricordare l’ottima nota del prof. Augusto Guzzo nell’opera bruniana in oggetto, da lui curata per le edizioni GUM-Mursia:
“Remoto [ovviamente l’efficiente –n.d.a.] è invece Dio uno, sovrintellegibile, da cui l’Intelletto procede.”
L’obiezione di Dicsono è prevedibile; come possono, egli chiede, il Principio e la Causa essere lo stesso ente e come può, questo, essere efficiente intrinseco, vale a dire interno, anziché estrinseco (esterno alle cose)?
La risposta di Teofilo/Bruno gli valse una delle contestazioni più feroci da parte dell’inquisizione romana. Qui utilizzo ancora la traduzione in lingua corrente:
“Dico che questo è possibile, poiché l’anima è nel corpo come il timoniere è nella nave. Il timoniere, in quanto viene mosso insieme alla nave, è parte di essa; inteso come quello che la conduce e muove, non lo si identifica come parte, ma come distinto efficiente.[1] Lo stesso si può dire dell’anima dell’universo, che in quanto anima, ed [Ente] che dà forma, è parte intrinseca e forma dello stesso; ma in quanto forza che indirizza e guida non ne è [anche] parte; quindi non principio ma causa. In questo è d’accordo lo stesso Aristotele che nonostante neghi che l’anima si relazioni al corpo come il timoniere alla nave, tuttavia, considerandola quale potenza, secondo il suo insegnamento, non si permette di definirla atto e forma del corpo,[2] bensì come efficiente separato dalla materia secondo la sua essenza, e afferma che proviene di fuori, nel senso della sua dimora, e divisa dal composto.[3]”
La metafora del nocchiero della nave è di una linearità addirittura sconcertante, forse per questo motivo la chiesa del XVI secolo non poteva accettarla, permettendo a ciascuna persona comprenderne il significato senza l’aiuto del prete, del sacerdote; possibilità e diritto riconosciuto, invece, nelle confessioni riformate, dal calvinismo al luteranesimo.
Eppure il Nolano si era ben premunito, citando come primo teorizzatore proprio quell’Aristotele individuato da ogni religione del tempo base dottrinale su cui impostare ogni ragionamento.
E Bruno fa di più, lascia che sia Dicsono a portare ulteriore acqua al mulino della sua giustificazione nei confronti della temuta inquisizione. Purtroppo sappiamo che tali richiami, tali escamotages, risultarono inutili.
Dicsono, dicevamo, concorda e aggiunge ulteriori richiami letterari. Nello specifico effettua un parallelo tra l’anima umana e l’anima universale, entrambe causa e principio dei rispettivi contraltari, il corpo umano per la prima, l’universo per la seconda. E per far ciò cita sia Plotino[4] nella sua disputa con gli gnostici che lo stesso Aristotele nella sua metafora dell’artista e della sua opera, fatta, ma solo da costui, quasi senza sforzo.
La similitudine tra l’anima individuale e l’anima mundi consente a Teofilo/Bruno di mettere sul piatto un altro dei capisaldi della Nolana Filosofia.
“Mi par che detraano alla divina bontà e all’eccellenza di questo grande animale e simulacro del primo principio, quelli che non vogliono intendere né affirmare il mondo con gli suoi membri essere animato, come Dio avesse invidia alla sua imagine, come l’architetto non amasse l’opra sua singulare”
Il concetto è abbastanza semplice: può l’Essere Perfetto, Infinito, Omnipotente ed Omnisciente creare un ente, l’Universo, a propria immagine e somiglianza e non dargli vita? E potrà mai essere invidioso della capacità di questo ente di dar vita a tanti accidenti dentro di sé? Sarebbe come se un architetto non amasse la sua stessa opera. E conclude ammettendo che non è possibile trovare una prova tangibile di tale affermazione ma che è la logica stessa a fungere da prova.
Ma come agisce, dal di dentro, l’anima universale rispetto alla materia informe? Chiede Dicsono.
La risposta di Teofilo è del tutto originale, persino audace:
“Se gli gionge di maniera che la natura del corpo, la quale secondo sé non è bella, per quanto è capace viene a farsi partecipe di bellezza, atteso che non è bellezza se non consiste in qualche specie o forma, non è forma alcuna che non sia prodotta da l’anima.”
Come può manifestare la propria bellezza, l’anima mundi, se non in una qualche forma percettibile ai sensi dell’uomo? Ecco, quindi, che Ella si manifesta dando forma alla Materia informe; forme che diventano belle proprio grazie alla qualità intrinseca dell’Anima.
“Ma ciò implica che non solo l’universo, nella sua unicità, è formato dall’Anima mundi ma anche ogni altro accidente esistente in esso.” Esclama a questo punto Dicsono; e la risposta di Teofilo/Bruno, ovviamente, è un laconico Sì.
[1] In quanto parte della nave ne è il principio, colui che dà il là al moto della nave; in quanto esterno alla nave ne è la causa, poiché rappresenta la volontà che fa muovere la nave.
[2] Brevemente: in Aristotele, la potenza è la capacità (non espressa) di compiere un’azione; l’atto è la manifestazione di tale volontà e la forma ne è il prodotto percepibile.
[3] Il corpo, inteso come ente complesso.
[4] In effetti Marsilio Ficino; il quale, traducendo Plotino, premetteva a queste traduzioni, brevi riassunti; in questi è enunciato il concetto che Dicsono cita.
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