E finalmente venne il gran giorno.
Lunedì 25 luglio 1575 Bruno discusse la sua tesi al cospetto di tutta la commissione di laurea e conseguì il dottorato in Teologia con il massimo dei voti. Nessuno dei professori presenti, compresi il Rettore, padre Reginaldo Accetto, padre Erasmo Tizzano ed il Provinciale, padre Domenico Vita, trovarono alcunché da contestargli.
Subito dopo la proclamazione, padre Domenico da Nocera convocò Bruno nel suo ufficio.
“Entra, figliolo… entra.” Fece accomodare il Nolano e si congratulò, ancora una volta, con lui poi: “Sto valutando l’opportunità di proporre il tuo nome come nuovo Lettore del nostro Studio… che ne pensi? Ovviamente dovrai fare tutta la trafila necessaria prima di poterti fregiare del titolo di professore e di padre, ma è il primo passo per raggiungere questo titolo, ed è indispensabile.”
“Sono commosso dalla vostra fiducia, padre Domenico” rispose frà Giordano, “… è il mio più grande sogno, poter trasmettere la mia scienza ai miei confratelli e poterla condividere con loro. Grazie… grazie di tutto cuore.”
“Però non correre con l’immaginazione, frà Giordano. Prima devo parlarne con padre Accetto e con padre Tizzano, poi sarà necessario l’assenso del Provinciale ed infine la ratifica della Curia generalizia di Roma.”
“Ne sono a conoscenza, monsignore… e resterò in attesa, in silenzio e umilmente; e se non dovessi raggiungere questo traguardo sarei comunque soddisfatto del mio lavoro e vi sarei comunque grato tutta la vita.”
“Bene. Sei un bravo figliolo, Giordano. Adesso va; va a festeggiare con i tuoi confratelli.”
A metà settembre, appena la vita del convento riprese il suo iter normale, con il rientro di tutti i padri che l’avevano lasciato, come di consueto, per visitare gli altri conventi della Provincia, ed anche qualcuno più lontano, per predicare e cercare elemosine presso la nobiltà, italiana e spagnola, padre Domenico da Nocera si rivolse prima a padre Accetto poi a padre Tizzano per ottenere il consenso alla nomina a lettore di Bruno. Dopo qualche perplessità, subito fugata da padre Domenico che ricordò loro le indubbie qualità del Nolano ed il suo rispetto verso i superiori e la Regola, i due responsabili concessero il loro assenso e lo stesso dovette fare anche padre Domenico Vita, che non ebbe il coraggio di smentire i due potenti confratelli.
Alla fine di settembre, la nomina del Nolano era pronta e il 3 ottobre partì per Roma per ottenere la ratifica della Curia generalizia.
…
Quando a Santa Maria Sopra Minerva arrivò la richiesta di ratifica della nomina a lettore di Giordano Bruno, perciò, il Giustiniani venne subito avvisato della novità.
Di fatto, il cardinale Giustiniani era ancora il Generale dei Domenicani; nel 1571 padre Serafino Cavalli era stato nominato al suo posto proprio perché gli avrebbe permesso di continuare a guidare, nell’ombra, l’Ordine che aveva diretto con il pugno di ferro per oltre dodici anni e che gli aveva, di fatto, consegnato la porpora cardinalizia. Il nuovo Generale non era certo un combattente bensì, piuttosto, un sant’uomo; alto ed emaciato, era l’immagine stessa della santità e usava persino portare il cilicio, sotto la tonaca; stava più spesso in giro per i conventi d’Italia che presso la sede della Curia generalizia, il convento di Santa Maria sopra Minerva, a guidare l’Ordine. Il convento stesso era, in pratica, retto dal Procuratore dell’Ordine e suo Vicario, padre Sisto Fabri, già suo segretario ma fedelissimo del cardinale Giustiniani.
Fu proprio perché la ratifica della nomina di Bruno arrivò sulla scrivania di padre Fabri che il Giustiniani ne venne a conoscenza in meno di due ore.
Non perse certo tempo, l’alto prelato; senza farne parola neppure con padre Fabri, immediatamente mandò a chiamare un altro dei suoi pupilli: frà Agostino da Montalcino.
“Quali sono i vostri rapporti con frà Giordano Bruno da Nola del convento di S. Domenico Maggiore a Napoli, fratello?” chiese il cardinale, appena frà Agostino arrivò.
“Non lo vedo e non lo sento dal 1569 poiché durante la mia prima ed unica visita a Napoli, nel marzo del 1572 per incarico del padre Generale, frà Giordano si trovava nel convento di Campagna, Monsignore, ma ci lasciammo in buoni rapporti, anche se non siamo mai stati amici. ” rispose, puntuale, il domenicano che si era subito reso conto che qualcosa di importante bolliva in pentola.
“Bene. Credo proprio che siete l’uomo giusto per una missione molto delicata della quale non dovete far parola con nessuno, neppure con il vostro confessore. Anzi, da questo momento, e fino a quando sarò in vita, sarò io il vostro confessore.” affermò il Giustiniani.
“Mi rendete l’uomo più felice della Terra, Monsignore. sapete molto bene che siete un punto imprescindibile nella mia vita e per voi farei qualsiasi cosa. Comandatemi pure.”
“Non mi piace, quel giovanotto, frà Agostino,” esordì il prelato, “… è troppo sicuro di sé ed ha idee alquanto ‘originali’ in materia di Fede, e si interessa di discipline per niente consone ad un religioso, ma è anche molto furbo e non è stato possibile, finora, censurarlo; anzi è riuscito perfino ad affascinare un uomo retto e profondamente colto e religioso come padre Domenico da Nocera, uno dei migliori teologi dell’Ordine, e lo ha convinto a chiedere, per lui, la nomina a lettore di teologia… assurdo, assurdo e pericoloso. Or dunque, lunedì prossimo partirete per Napoli e provvederete di farlo venire allo scoperto, e al primo accenno di errore lo denuncerete al suo Priore ed anche al Provinciale, padre Domenico Vita.”
“Sarà fatto, Monsignore.” rispose, laconico, il Montalcino e, al gesto di congedo del cardinale, uscì dalla stanza.
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