Fra Giordano stava ancora raccontando della sua esperienza di sacerdote presso il convento di S. Bartolomeo nella cittadina di Campagna, nel Regno di Napoli, quando si sentì bussare alla porta. “Entrate, frate Giorgio” disse il priore, ed il gigante dai capelli rossi e dalla faccia da bonaccione entrò e baciò le mani del superiore, con una lieve genuflessione.
Che strana immagine si sarebbe presentata agli occhi di chi, incidentalmente, fosse entrato dopo qualche istante nella stanza: al cospetto di un magnifico dipinto, due personaggi minuti e piuttosto bassi, si tenevano per mano lasciando l’altra mano in quelle molto più grandi di un omaccione di quasi due metri, che pesava più del doppio di ciascuno di loro, formando un triangolo. Padre Giovanni, con voce solenne che denunciava un pizzico di commozione, raccomandò se stesso e frate Bruno a Frate Giorgio che, con le lacrime agli occhi rispose: “Anche con la mia vita, se necessario, ma voi guidate sempre i miei passi.” e baciò le mani dei due. E i due piccoli “giganti” posero la mano destra sul capo di quel gigante che si dimostrava piuttosto bambino nei modi e, all’unisono, lo benedissero ed esclamarono: Amen!
“Frate Giorgio” disse il priore “dividerete la vostra cella con frate Giordano Bruno, sopporterete i suoi orari di studio che saranno assolutamente liberi; egli, da parte sua, cercherà di rispettare al massimo le vostre ore di riposo. Ora andate, e chiedete a Padre Gesualdo se può venire da me all’inizio dell’ora sesta.”
Uscito frate Giorgio, padre Giovanni, abbassando significativamente la voce, disse: “Padre Gesualdo sovrintende a tutte le funzioni pratiche della vita del convento, a lui vi rivolgerete per qualsiasi vostro bisogno. Ma la Carità non è una dote che possiede in abbondanza, pertanto guardatevi dall’esprimere liberamente il vostro pensiero con lui, anzi, sarà meglio che vi confrontiate solo con me sui vostri studi. Ma adesso continuate pure il vostro racconto finché non sarà l’ora sesta, quando verrà Padre Gesualdo, a cui vi affiderò “ufficialmente”.”
Il rintocco della campana del convento scandiva il terzo don, quando il Nolano terminò il suo racconto, al quinto rintocco bussarono alla porta. Un monaco con la cuculla alzata entrò, le braccia incrociate nel saio, a nascondere le mani, due occhi troppo vicini che si muovevano incessantemente dal Nolano al priore e un sorriso mellifluo che sembrava stampato sul viso. “Sono ai vostri ordini, Padre Giovanni” disse con una stridula vocina che sembrava in falsetto, padre Gesualdo; altrettanto stridulo fu il suono della campana che scandì con l’ultimo tocco l’ora sesta.
“Accomodatevi Padre” rispose il priore “Vi presento frate Giordano Bruno da Nola, che ospiteremo con noi finché vorrà. Ha bisogno di tutto il silenzio che gli può dare quest’eremo, per i suoi studi sulla Natura. Dividerà la cella con frate Giorgio. Per il resto l’affido alle vostre cure.”
“Sarà fatto.”, quindi con un inchino ed un cupo sguardo verso frate Bruno, che voleva essere l’indicazione a seguirlo, si congedò, precedendo l’ospite che, baciato la mano del priore, lo seguì.
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