DIC.\ Che dirai della morte, della corrozione, di vizii, di diffetti, di mostri? Volete che questi ancora abiano luogo in quello che è il tutto, che può essere ed è in atto tutto quello che è in potenza?
E Dicsono apre un altro capitolo: il male, i vizi, i mostri, la morte, sono anch’essi il prodotto di quest’unico Principio?
La risposta di Teofilo/Bruno non ammette fraintendimenti…
Queste cose non sono atto e potenza, ma sono difetto e impotenza, che si trovano nelle cose esplicate, perché non sono tutto quel che possono essere, e si forzano a quello che possono essere.
Quindi il male, la morte ecc. non appartengono all’unica Materia, ai valori assoluti perché restano appannaggio delle cose esplicate, gli accidenti prodotti dalla Materia e che vengono a contatto con i nostri sensi. È il fatale risultato della perversione imposta ad un’entità eterna, quindi non com_prensibile[1] a mente umana, nel renderla percepibile ai sensi.
In questo caso, Teofilo sottolinea lo iato esistente tra teologia e filosofia,
Laonde, non possendo essere insieme e a un tratto tante cose, perdeno l’uno essere per aver l’altro: e qualche volta confondeno l’uno essere con l’altro, e talor sono diminuite, manche e stroppiate per l’incompassibilità di questo essere e di quello, e occupazion della materia in questo e quello.[2]
Successivamente, negli Eroici Furori, ma anche nel De l’Infinito, Universo e Mondi, Bruno prenderà una posizione ancor più radicale facendo proprio il principio della Privatio boni di S. Agostino d’Ippona; secondo la quale teoria, Dio (quindi anche la Sua Prima Manifestazione e Creatore di tutte le cose nell’interpretazione ermetica e bruniana) in quanto Amore, o agendo solo con quell’appulso, non poteva creare il male, e le sue varie manifestazioni, morte compresa, e ogni forma di deformazione del Bene da Lui creato non poteva che essere assenza di bene, vuoto di quell’amore che move il Sole e l’altre stelle, come avrebbe detto il sommo poeta, Dante Alighieri.
[1] I miei amati dodici lettori si chiederanno cosa intendo dire e perché ho scritto in questa forma tale termine. Ebbene, questo particolare logotipo suggerisce la risposta al primo quesito. Staccando comprensibile ho inteso richiamare l’attenzione sul significato che in questo caso va dato al lemma; quindi, l’unica Materia informe non potrà essere assorbita appieno, nella sua essenza, da mente umana, non potrà, cioè, esse com_presa.
[2] Bruno giustifica gli “errori di natura”, morte compresa, con il tentativo andato a male, da parte della materia stessa di impiegare in modo inadatto le proprie capacità; neppure il Tutto può, cioè, sovvertire il giusto equilibrio in sé e nelle parti individuali del sé, che sono le cose accidentali, universo compreso. Nella spiegazione degli “errori” dell’Ente, la Fede di Bruno si arrende alla Filosofia: l’infinito, il perfetto, quando cerca di andare oltre la propria perfezione, il proprio equilibrio, crea i “mostri” e la morte stessa. Il dover giustificare le brutture della natura, infatti, porta Bruno a riconoscere la capacità di sbagliare a Chi, per fede, non può MAI sbagliare.
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