Bruno, nel De Causa, modifica il concetto di anima così come era, e in larga misura è, concepito. L’anima non deve intendersi individuale per i singoli soggetti ma una, e in unica materia; essa è la forma che modifica dall’interno la materia attribuendole immagini accidentali. È essa l’Anima mundi, che vivifica l’universo.
Questo concetto è un altro cavallo di battaglia della più accreditata critica bruniana circa la teoria del “padre del libero pensiero”, del pensatore eretico, del materialista per eccellenza. Se Bruno afferma che è la materia a dare forma dall’interno a se stessa significa che Dio non esiste, che oltre la materia c’è il nulla. Ma come si fa a considerare credibili simili superficialissime interpretazioni? Come hanno potuto fior di pensatori scomporre il pensiero bruniano, in frasi slegate dal contesto attribuendo, a queste, significati affatto diversi da quello che il filosofo intendeva? Una sola risposta mi sembra ragionevole: malafede. È il bisogno di adattare al proprio modo di vedere il pensiero di un martire, sacrificato innocente dalla, da loro, odiata gerarchia della Chiesa Cattolica.
Che Bruno possa ritenersi un martire, personalmente, mi trova concorde; ma sono certo che non fu martirizzato in nome del Credo cattolico, bensì nel nome della paura, del terrore che le sue opere nelle mani di persone sbagliate potessero danneggiare una chiesa già tanto debole sotto i colpi della riforma protestante. Il risultato, invece, fu che l’inquisizione consegnò nelle mani dei più accesi teorizzatori del nichilismo, del materialismo e dell’ateismo in genere, il frutto di una delle menti più fervide e lucide del rinascimento e dell’umanesimo italiano che in nessun modo intendeva confondere filosofia e teologia.
L’anima mundi di Bruno, invece, intesa in unione con la materia e non succube di questa, intesa come aspetto trascendente rispetto agli accidenti, rafforza l’idea di una creazione sì differente da quella concepita dalle varie confessioni religiose moderne, ma anche assolutamente in linea con la tradizione ermetica che vide in Bruno il terminale di un pensiero “creazionista” millenario.
Fu, appunto, la tradizione ermetica e non il libero pensiero materialista e nichilista ad andare sul rogo. Quel pensiero che aveva annoverato, tra sé, uomini come Tommaso d’Aquino, Alberto Magno (santi) e fior di pensatori ancora come Ramon Llull (beatificato da Pio IX), Plotino, Nicolò Cusano che la chiesa non ha mai tacciato d’eresia.
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