L’Universo, il Tutto e L’Uno.
Teofilo/Bruno nel quinto dialogo esordisce con la definizione di Universo. Esso compendia in Sé la Potenza, l’Atto, la Forma, la Materia e l’Essenza, l’Ente, il Massimo e Ottimo; e il coacervo di tutte queste qualità caratterizzano un’ulteriore caratteristica, l’immobilità.
Perché è immobile, l’Universo? Perché in quanto Tutto non ha altro al suo esterno.
Assunto, questo, innegabile ma che vuole anche essere un vero e proprio schiaffo alle tesi tolemaiche che prevedevano l’esistenza di contenitori (i ccdd. Cieli o orbi) che avrebbero attribuito il movimento agli astri (quelli, ovviamente, riconosciuti, quali la Terra, la Luna, il Sole, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno).
L’Universo non crea, perché è già Tutto. non è corruttibile perché, in quanto tutto, in nient’altro può trasformarsi. Non può crescere o regredire perché è Infinito.
Ma, sottolinea argutamente Bruno, contiene in Sé ogni contraddizione perché le sue parti, pur se contrarie tra loro, restano solo parti del Tutto.
Contenendo in Sé ogni contraddizione, quindi, non è Materia, né Forma perché è Massimo, è uno, è Universo. Non è commensurabile né è misura. Non è contenuto, perché niente è più grande e non contiene perché non c’è niente di più piccolo. Non ha uguali perché non esiste altro, essendo uno e se stesso. Essendo se stesso e uno, ha un’unica essenza e quindi non è scomponibile. È eterno e non ha fine; è talmente forma che non è forma; è talmente materia che non è materia; è talmente anima che non è anima: perché è Tutto, è Uno.
E Teofilo passa a descrivere/non descrivere l’Uno fisico, l’Universo; ma si tratta di una descrizione tutta al negativo. Non ha altezza, lunghezza e profondità misurabili; è simile ad una sfera ma non è una sfera. Non ha centro né confini e non avendo misure non potrà avere parti, quindi è Uno. In Esso tutte le differenze si annullano…
È necessario dunque che il punto ne l’infinito non differisca dal corpo, perché il punto, scorrendo da l’esser punto, si fa linea; scorrendo da l’esser linea, si fa superficie; scorrendo da l’esser superficie, si fa corpo; il punto, dunque, perché è in potenza ad esser corpo, non differisce da l’esser corpo dove la potenza e l’atto è una medesima cosa.
Per rendere più immediata la comprensione di questa lunga pagina continuo con la mia versione in lingua corrente per il prosieguo e fine:
…in quanto possiede tutta la grandezza e perfezione possibile, è massimo e ottimo e immenso. Se il punto coincide con il corpo, il centro con la circonferenza, il finito con l’infinito, il massimo con il minimo, sicuramente possiamo affermare che l’universo è tutto centro o che il centro dell’universo è ovunque, e che la circonferenza[1] non esiste poiché coincide con il centro, o perché coincide con il tutto, e il centro non esiste se è differente dalla circonferenza. Ecco spiegato come non solo non è impossibile, ma addirittura necessario che l’ottimo, il massimo e l’incomprehensibile[2] sia tutto, per tutto, in tutto, e in quanto semplice ed indivisibile può essere tutto, per tutto ed in tutto.[3]
Ovviamente, il Nolano non poteva non considerare tutta la serie di obiezioni e di precisazioni che gli sarebbero piovute addosso e…
Perché le cose mutano? Perché la materia si trasforma e assume altre forme? Sono le domande che attende e alle quali dà risposta.
I cambiamenti, afferma Teofilo/Bruno non sono tali in stato bensì in modo, quindi in manifestazioni d’essere…
È questa la differenza tra l’universo e le cose dell’universo: il primo contiene l’essere ed i vari modi d’essere; le seconde contengono l’essere, ma non tutti i modi d’essere.
Relativamente alle singole cose, poi, ciascuna contiene tutta l’essenza, ma non totalmente poiché infinite sono le singole cose. Tutto è in tutto, ma non totalmente ed in ogni modo in ciascuno. Ogni cosa è l’unica cosa, ma non nell’unico modo.
Ed ecco che il filosofo passa a verificare le concordanze/discordanze tra le sue teorie e quelle precedenti.
…profondamente considerando con gli filosofi naturali, lasciando i logici[4] ne le lor fantasie, troviamo che tutto lo che fa differenza e numero, è puro accidente, è pura figura, è pura complessione. Ogni produzione, di qualsivoglia sorte che la sia, è una alterazione, rimanendo la sustanza sempre medesima; perché non è che una, uno ente divino, immortale. Questo lo ha possuto intendere Pitagora, che non teme la morte, ma aspetta la mutazione. L’hanno possuto intendere tutti filosofi, chiamati volgarmente fisici[5], che niente dicono generarsi secondo sustanza né corrompersi, se non vogliamo nominar in questo modo la alterazione.
E, per non dimenticare i teologi, i quali certamente avrebbero trovato di che dire…
Questo lo ha inteso Salomone, che dice “non essere cosa nova sotto il sole, ma quel che è fu già prima”.
In buona sostanza, Bruno rivendica la sua vicinanza tanto con le teorie pitagoriche quanto con gli amati Talete, Anassimandro e Anassimene; non disdegnando di citare, per l’ennesima volta, il nihil sub Sole novum di salomonica memoria.
Avete dunque [capito] come tutte le cose sono ne l’universo, e l’universo è in tutte le cose; noi in quello, quello in noi; e cossì tutto concorre in una perfetta unità. Ecco come non doviamo travagliarci il spirto, ecco come cosa non è, per cui sgomentarne doviamo. Perché questa unità è sola e stabile, e sempre rimane; questo uno è eterno; ogni volto, ogni faccia, ogni altra cosa è vanità, è come nulla, anzi è nulla tutto lo che è fuor di questo uno.
E conclude (qui voglio utilizzare, ancora, la mia versione in lingua corrente)…
Quei filosofi [i naturali, e Bruno con loro] hanno ritrovato la Sapienza, nel comprendere quest’unità. La stessa cosa è la Sapienza, la verità, l’unità. Tutti hanno detto[6] che uno è l’Ente, ma non tutti ne comprendono il significato; hanno usato le stesse parole, ma non hanno compreso il modo d’intendere dei veri sapienti. Aristotele, tra questi, non ritrovò l’uno, non ritrovò l’ente, non ritrovò il vero, perché non riconobbe l’unità dell’uno con l’ente; e [ciò], nonostante abbia inteso l’Ente come Sostanza ed accidente, e sia stato in grado di suddividere le varie categorie di generi e specie cogliendone le differenze; ciò non di meno non ha approfondito la conoscenza dell’unità, priva di differenze in sé, della natura; e in quanto arido sofista, con spiegazioni maligne ed appena accennate spiegazioni ha pervertito le teorie dei filosofi antichi di opposta fede, non tanto per imbecillità d’intelletto, quanto per forza d’invidia ed ambizione.[7]
Dicsono accoglie il pensiero bruniano? Eccome! E non si limita a ribadire l’unicità dell’Universo e delle sue parti con Esso ma dimostra anche di essere in grado di sviluppare questo pensiero fino a definire correttamente la sussistenza dei vari pianeti, Soli ed ogni altro astro presente in Esso:
…so che avete come cosa manifesta che ciascuno di tutti questi mondi innumerabili, che noi veggiamo ne l’universo, non sono in quello tanto come in un luogo continente e come in uno intervallo e spacio, quanto come in uno comprensore, conservatore, motore, efficiente; il quale cossì tutto vien compreso da ciascuno di questi mondi, come l’anima tutta da ciascuna parte del medesimo. Però, benché un particolare mondo si muova verso e circa l’altro, come la terra al sole e circa il sole, nientedimeno al rispetto dell’universo nulla si muove verso né circa quello, ma in quello.
Ed accoglie anche la teoria dell’Anima Mundi, pertanto…
Oltre, volete che sì come l’anima (anco secondo il dir comune) è in tutta la gran mole, a cui dà l’essere, e insieme insieme è individua, e per tanto medesimamente è in tutto e in qualsivoglia parte intieramente; cossì la essenza de l’universo è una nell’infinito ed in qualsivoglia cosa presa come membro di quello, sì che a fatto il tutto e ogni parte di quello viene ad esser uno secondo la sustanza…
(continua)
[1] E’ la teoria cosmologica bruniana che non riconosce un centro all’universo che in quanto infinito non ha, né può avere, una circonferenza.
[2] Tutto, compreso, in Uno.
[3] La coincidenza del Tutto con l’Uno, Bruno la allarga, utilizzando sapientemente il verbo essere e potere [essere], anche alla coincidenza tra Principio [essere] e causa [poter essere].
[4] Gli aristotelici.
[5] I filosofi della scuola jonica.
[6] Filosofi e teologi.
[7] Conoscendo l’indubbio rispetto che Bruno aveva per lo Stagirita è da pensare che la “sonata” andasse piuttosto a quegli aristotelici, pedanti professori di Oxford che, appunto, secondo Bruno, lo contrastavano solo per invidia, e per contrastare l’ambizione del filosofo nolano di ben integrarsi nell’elite letteraria e politica inglese. Bruno certamente non poteva disconoscere al pensiero d’Aristotele la supremazia sociale, politica ed anche culturale che aveva; e il non contestarla, sicuramente, l’avrebbe tenuto lontano da quei sentimenti malevoli di cui sopra.
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