La struttura dei dialoghi italiani, ma non solo, prevede l’esposizione del pensiero bruniano attraverso una serie di piccoli messaggi, lasciati qui e là, all’interno di conversazioni a volte salaci, a volte seriose, a volte persino pedanti e, quasi sempre, ermetiche. Ciò non significa che il Nolano non sia capace di esporre in modo dottrinale il proprio pensiero. Quando ha sentito la necessità di essere chiaro e conciso l’ha fatto, e in modo assolutamente encomiabile, prova ne sia la sintesi del suo pensiero offerta agli inquisitori veneziani durante il suo quarto interrogatorio. Analisi stringata, succinta ma del tutto scorrevole e completa del suo pensiero. Lo stesso avviene nell’occasione in cui Teofilo espone la teoria sul Principio.
Ancora una volta, per comprendere chiaramente il pensiero bruniano senza dover ricorrere ad un ulteriore sforzi, oltre l’affrontare il non facile ragionamento del Nolano, preferisco proporvi questo passo nella mia versione in lingua corrente:
Questo principio, che è la Materia, può essere inteso in due modi: primo, come potenza[1] e secondo, come soggetto. In quanto potenza non esiste cosa, secondo le sue modalità e la sua raggione, in cui non la si ritrovi; e i Pitagorici, i Platonici, gli Stoici ed altri la individuano sia nel mondo sensibile che in quello intellegibile; noi la intendiamo differentemente, con motivazione più alta e pregnante, perché intendiamo che la potenza sia parimenti possibilità:[2] la potenza, quindi, la si può distinguere in attiva, in quanto in grado di operare; e passiva, per cui può essere, ricevere, avere, o divenire, in qualche maniera, il soggetto di un efficiente. Tralasciando la potenza attiva, dico che la potenza passiva,[3] benché non resti sempre passiva, può essere relativa o assoluta; per cui non esiste cosa che sia e che contemporaneamente non possa divenire [tale cosa]. In tal modo essa si rapporta alla potenza attiva, così che non possa esistere l’una senza l’altra;[4] per cui se, in eterno, ha la possibilità di fare, produrre e creare, in eterno sarà fatta, prodotta, creata; giacché l’una possibilità [in essa] implica anche l’altra; intendo dire che l’una presuppone l’altra. Questa potenza [passiva] essendo vera e assoluta, conferma la virtù e l’efficacia, anzi è tutt’uno e la medesima cosa con la potenza attiva, e non vi è filosofo o teologo che non la attribuisca al primo principio soprannaturale.[5] Di conseguenza la possibilità assoluta, per cui le cose in atto coincidono con le cose in sé, determina che le prime non possono essere antecedenti né susseguenti alle seconde.[6] Inoltre, il poter essere coincide con l’essere in atto e non lo precede; poiché se quello che può essere creasse se stesso, esisterebbe prima di essere fatto. Or dunque, osserva il Primo Principio, che è tutto ciò che può essere, e lui stesso non sarebbe Tutto se Tutto non potesse essere: in lui, quindi, l’atto e la potenza[7] coincidono. Non è così nelle cose accidentali, che quantunque sono quello che possono essere [formate], potrebbero però [anche] non esserlo;[8] certamente non potranno essere altro, o diverso, da ciò che sono: perché nessuna altra cosa [oltre la Materia] è tutto quello che può essere. L’uomo è ciò che può essere, ma non tutto ciò che può essere. La pietra non è tutto quello che può essere, perché [contemporaneamente] non è calce, né vaso, né polvere, né erba. Quello che È Tutto ciò che Può essere, è Uno il quale, nell’Essere suo, comprende ogni essere. Lui È tutto quel che È, e può essere qualsiasi altra cosa che è e può essere. Ogni altra cosa non è cossì: [Nelle cose accidentali] perciò, la potenza non è uguale all’atto, in quanto [in questo caso] l’atto non è assoluto ma limitato; mentre la potenza è limitata sempre ad un singolo atto poiché produce sempre una singola cosa accidentale, specifica e particolare, e seppure sono producibili svariate forme, da svariati atti, queste vengono prodotte con disposizioni[9] differenti e in momenti differenti e successivi. Ogni potenza, dunque, ed atto che nel Principio è complesso, unito ed unico, nelle cose accidentali è, invece, esplicato, disperso[10] e molteplice.[11] L’Universo, che è la grande opera, la grande immagine [di Dio] e l’unigenita natura, è anch’esso tutto ciò che può essere nelle singole specie e nelle parti generali e in quelle concentrate di tutta la Materia, alla quale non si aggiunge e dalla quale non si discosta, e [con la quale] coincide, nell’unica forma; ma non è anche tutto per ciascuna delle differenze, modalità, proprietà ed individui; pertanto non è altro che l’ombra del primo atto e prima potenza, e quindi ivi [nelle singole accidentali parti dell’universo] la potenza e l’atto non coincidono perché nessuna parte sua [individualmente] è tutto quello che può essere; mentre [nella sua individualità] è tutto quello che può essere esplicato, disperso, distinto: Il Principio suo è unitamente ed indifferentemente; perché tutto è tutto ed il medesimo semplicissimamente, senza differenza e distinzione.[12]
Quindi il principio è la materia?!?
Sarà stucchevole, ma è ancora una volta necessario richiamare una delle precisazioni che Giordano Bruno fa ai suoi giudici dell’inquisizione: io mi occupo di filosofia, mai di teologia; ed ancora, l’altra affermazione che ripetutamente egli fa in tutte le sue opere e diverse volte in questa: nelle mie opere non tratto della natura di Dio, perché di Lui non è lecito farlo; io tratto della Sua creatura, fatta a Sua immagine e nella Sua somiglianza cioè la Materia, l’Universo.
È quindi la Materia, immagine e somiglianza di Dio a creare da dentro di sé ogni cosa sia venuta sotto la percezione di chi osserva; il mondo animale, quello vegetale e quello minerale, l’uomo stesso, altro non sono che produzione autonoma della Natura. È quindi la Natura il Principio di tutte le cose, il Principio di cui tratta Giordano Bruno; quel Principio, ribadiamolo per l’ennesima volta, che ha la sua ragion d’essere, la sua origine, in quel Dio di cui non si può e non si deve discutere.
Riconosciamolo… è ben difficile per un cristiano, e ancor più se cattolico, accettare questa impostazione mentale eppure ogni cristiano, e cattolico, riconosce che il nostro Dio è lo stesso Dio degli ebrei; ma nella cultura, e religione, ebraica non è lecito parlare di Dio (anche per il cristiano vale il non nominare il nome di Dio invano); Egli deve restare al di fuori di ogni discussione e lo stesso fatto che gli si attribuiscano 72 nomi indica la volontà di non identificarlo in nessuno di questi in particolare. Lo stesso Libro dei libri, la Sacra Bibbia, inizia descrivendo la creazione ma senza nominare Dio: בְּרֵאשִׁית בָּרָא אֱלֹהִים אֵת הַשָּׁמַיִם וְאֵת הָאָרֶץ che trascritto con alfabeto occidentale diventa: Bereshit bara Elohim et hashamayim ve’et ha’aretz. La traduzione? Eccola: In principio creò le divinità, il cielo e la Terra: il soggetto, come potete constatare, non è espresso e le divinità stesse vengono individuate come create.
Se Giordano Bruno fosse stato ebreo nessuno avrebbe trovato da ridire, quindi, sul fatto che affermava che non ci fosse coincidenza tra il Dio di cui non si deve discutere e il Creatore che è una Sua manifestazione. Nonostante tutto, riconosciamo alla nostra cultura una matrice giudaico-cristiana.
Un quadro più completo ci viene fornito dal Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto che Giordano Bruno riconosce come testo di tutto rispetto, tanto da citarlo in modo molto ampio nella seconda parte del terzo dialogo de Lo Spaccio de la bestia trionfante. In concreto, Giordano Bruno sembra che identifichi il Demiurgo del Corpus Hermeticum nella Natura, nell’Universo.
Bruno non riconosce, come vorrebbero pitagorici, platonici e stoici, una doppia natura alla Materia, immanente ed intellegibile, bensì una doppia funzione: di capacità e di possibilità. Essa è capace di contenere in sé ogni cosa e, al contempo, è in grado (possibilità) di creare, dal di dentro, ogni cosa; e definisce queste due qualità come potenza attiva e potenza passiva.
De la potenza attiva non raggionando al presente, esordisce il Nolano che, in tal modo, riafferma la sua distanza da tematiche di natura teologica; egli intende affrontare problematiche naturalistiche e filosofiche, e basta.
Ma, come ormai tutti hanno capito, Bruno non sarebbe Bruno se non contravvenisse ai suoi stessi intendimenti, quindi ecco che lega indissolubilmente la potenza passiva con quella attiva e
…non è cosa di cui si può dir l’essere, della quale non si dica il posser essere. E questa sì fattamente risponde alla potenza attiva, che l’una non è senza l’altra in modo alcuno; onde se sempre è stata la potenza di fare, di produre, di creare, sempre è stata la potenza di esser fatto, produto e creato; perché l’una potenza implica l’altra; voglio dir, con esser posta, lei pone necessariamente l’altra.
E va anche oltre, rivendicando il diritto di trattare problematiche teologiche in nome della filosofia…
La qual potenza, perché non dice imbecillità in quello di cui si dice, ma piuttosto confirma la virtù ed efficacia, anzi al fine si trova che è tutt’uno ed a fatto la medesma cosa con la potenza attiva, non è filosofo né teologo che dubiti di attribuirla al primo principio sopranaturale.
L’ulteriore precisazione, sempre a legare capacità passiva e capacità attiva, Teofilo la fa legando Potenza ed Atto, manifestazioni percepibili della Capacità, in ambedue le sue essenze.
Perché la possibilità assoluta per la quale le cose che sono in atto, possono essere, non è prima che la attualità, né tampoco poi che quella.
L’uso differente di alcuni pronomi, alcuni avverbi e, ancora più spesso come in questo caso, di congiunzioni tra l’italiano del XVI secolo e quello attuale, mi impongono di riproporre la mia versione:
Perciò la possibilità assoluta, per cui le cose in atto coincidono con le cose in sé, determina che le prime non possono essere antecedenti né susseguenti alle seconde.
E di seguito…
…il possere essere è con lo essere in atto, e non precede quello; perché, se quel che può essere, facesse se stesso, sarebe prima che fusse fatto. Or contempla il primo e ottimo principio, il quale è tutto quel che può essere, e lui medesimo non sarebe tutto se non potesse essere tutto; in lui dunque l’atto e la potenza son la medesima cosa.
A questo punto, Teofilo passa a puntualizzare come questa verità è attributo solo della Materia unica universale, non anche delle cose accidentali in cui atto e potenza, pur esistendo, non coincidono e…
Ogni potenza dunque ed atto, che nel principio è come complicato, unito e uno, nelle altre cose è esplicato, disperso e moltiplicato.
E Teofilo conclude questa argomentazione ponendo un’altra equivalenza: Materia universale e l’Universo prima ed unica creazione del Dio di cui non è dato discorrere:
Lo universo, che è il grande simulacro, la grande imagine e l’unigenita natura, è ancor esso tutto quel che può essere, per le medesime specie e membri principali e continenza di tutta la materia, alla quale non si aggionge e dalla quale non si manca, di tutta e unica forma; ma non già è tutto quel che può essere per le medesime differenze, modi, proprietà ed individui. Però non è altro che un’ombra del primo atto e prima potenza, e pertanto in esso la potenza e l’atto non è assolutamente la medesima cosa, perché nessuna parte sua è tutto quello che può essere.
[1] Capacità.
[2] Alla definizione classica di Potenza, Bruno aggiunge la prerogativa di possibilità. Non solo, quindi, sterile capacità (di contenere) ma, anche, una più ampia facoltà di restituire quanto ricevuto (ovviamente dall’azione divina).
[3] Cioè, la materia intesa nel momento in cui subisce l’azione da parte dell’Intelletto universale (l’Anima).
[4] Essere, e venire modificata: cioè acquisire in sé le forme.
[5] Dio per i teologi, e le varie entità che sono Causa nelle varie dottrine filosofiche che si discostano dalle verità teistiche.
[6] Equivale ad affermare che non esiste il tempo; successivamente affermerà che non esiste lo spazio. Peccato che non abbia avuto il tempo di sviluppare adeguatamente la teoria dei quanti!?! Ma forse…
[7] L’azione e la capacità agente.
[8] Non essendosi formate da sole, non sono; rappresentando esclusivamente l’immagine che di esse ha voluto l’Efficiente, attraverso l’agente, con la Forma.
[9] Bruno immagina la creazione degli individui accidentali alla stregua di un puzzle che, usando la stessa [unica] materia prima attribuisce svariate forme, differenziate dalle diverse combinazioni dei singoli elementi del puzzle.
[10] Variamente dislocato.
[11] Ancora una volta Bruno esplicita il suo pensiero: la materia universale è una, pur contenendo in sé l’essenza della complessità; mentre le cose immanenti, sono molteplici, distribuiti variamente in numero e luoghi e sono percettibili ai sensi.
[12] Il Principio dell’Universo (la Materia) è sostanza unica, semplice, senza differenze e distinzioni; l’universo rappresenta solo l’aspetto accidentale della materia.
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