Ho già avuto modo di sottolineare come Bruno, nella sua vasta produzione letteraria, abbia privilegiato l’analisi filosofica e quella cosmologica, anche alla luce delle applicazioni mnemotecniche così ben delineate nei suoi primi scritti che furono pubblicati in Francia; e l’analisi della magia a cui si dedicò, particolarmente, nella parte finale della sua vita, in Germania ed a Praga. Le tre opere c.d. morali (lo Spaccio…, la Cabala…, e gli Heroici furori), invece, sembrano assolutamente avulse dal suo insegnamento, pur mantenendo inequivocabilmente i caratteri peculiari del suo pensiero; e Bruno, certamente, non le ha amate particolarmente, se non le ha addirittura ripudiate come sembra da alcune affermazioni che si ritrovano negli atti del suo processo presso l’inquisizione veneziana prima, e romana poi.
Gli Eroici furori, comunque, comincia proprio con la denuncia di un timore ben radicato nel suo animo che può spiegare tale atteggiamento.
E` da credere che più volte e per più caggioni le ributtasse… Appresso, per trovarsi ubligato alla contemplazion e studi de filosofia, li quali, se non son più maturi, denno però, come parenti de le Muse, esser predecessori a quelle. Oltre, perché, traendolo da un canto la tragica Melpomene con più materia che vena, e la comica Talia con più vena che materia da l’altro, accadeva che l’una suffurandolo a l’altra, lui rimanesse in mezzo più tosto neutrale e sfacendato, che comunmente negocioso. Finalmente, per l’autorità de censori che, ritenendolo da cose più degne ed alte, alle quali era naturalmente inchinato, cattivavano il suo ingegno, perché da libero sotto la virtù; o rendesser cattivo sott’una vilissima e stolta ipocrisia; al fine, nel maggior fervor de fastidi nelli quali incorse, è avvenuto che non avend’altronde da consolarsi, accettasse l’invito di costoro, che son dette inebriarlo de tai furori, versi e rime, con quali non si mostrâro ad altri; perché in quest’opra più riluce d’invenzione che d’imitazione.
Egli temeva, quindi, che gli eroici furori, dettati dalla passione amorosa, potessero allontanare dalla filosofia se non si era sostenuti da una fede adeguata, da una profonda sapienza ed equilibrio, dalla musa giusta.
La doppia via che egli individua per raggiungere la conoscenza, lo studio e l’applicazione da un lato ed il furore amoroso dall’altro, sono ambedue percorribili, ma mentre la prima è garanzia di successo, purché il soggetto sia dotato di un’adeguata dose di santa asinità (cioè della virtù di porsi dinanzi al sapere con umiltà e disposti a lasciarsi permeare dalla verità senza presunzione e coltivando il dubbio come pianta che ci permette di accoglierla serenamente, così come l’aveva delineata nella Cabala del cavallo Pegaseo…), la seconda egli la vede molto rischiosa, poiché è proprio nella sintesi dei contrari che vede allignare il seme dell’errore. La passione amorosa avvicina senz’altro a Dio ma anche alla sua ombra, il suo contrario, il demone dell’errore; solo la Sophia è garanzia di comunione con la Verità, sempre che sia presente la santa asinità di cui si diceva, mentre il furore amoroso può portare facilmente alla trasfigurazione dell’oggetto amato fino al punto di non riconoscerlo nella sua reale essenza.
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