L’AMORE l’oggetto dell’Opera allo stesso modo della produzione dell’ORO, e la produzione dell’ORO altro non è che il suscitare l’AMORE. Per ottenere questo prodotto sono necessarie le materie da sempre conosciute in alchimia: il mercurio (la sapienza), il solfo (oppure il suo omologo fuoco, di cui Bruno fa una propria descrizione), il sale (la Terra, il vas in cui si mescolano gli elementi), l’acqua (l’elemento che vivifica il composto). Questi elementi interagiscono differentemente secondo le loro peculiarità, pertanto il fuoco rappresenta, come afferma il Nolano, <… questo male absolutamente ne l’occhio de l’eternitade è compreso o per bene, o per guida che ne conduce a quello; atteso che questo fuoco è l’ardente desio de le cose divine, questa saetta è l’impression del raggio della beltade della superna luce, questi lacci son le specie del vero che uniscono la nostra mente alla prima verità, e le specie del bene che ne fanno uniti e gionti al primo e sommo bene.> Il FUOCO, la FIAMMA, il LEGAME strumenti alchemici che sono anche gli stessi strumenti atti a suscitare e conservare l’AMORE
Il richiamo al rischio, personificato da Circe, e alla salvezza, personificato da Apollo, figlia e padre, richiamano la dualità del fato dell’uomo che nella sapienza, come in ogni altra cosa, può trovare la luce o la cecità; infatti Bruno afferma: <…inebriato da le tazze di Circe va cespitando ed urtando or in questo, or in quell’altro fosso, or a questo or a quell’altro scoglio; o come un Proteo vago or in questa, or in quell’altra faccia cangiandosi, giamai ritrova loco, modo, né materia di fermarsi e stabilirsi. Ma senza distemprar l’armonia vince e supera gli orrendi mostri; e per tanto che vegna a dechinare, facilmente ritorna al sesto con quelli intimi instinti, che come nove muse saltano e cantano circa il splendor dell’universale Apolline; e sotto l’imagini sensibili e cose materiali va comprendendo divini ordini e consegli.>
Bruno, comunque, ribadisce, ancora una volta in questo dialogo, la sua preferenza per la via della Sapienza, per la comunione con il divino, laddove definisce sacrabile la prima via e sacra la seconda, infatti riferendosi a coloro che percorrono queste due vie alternative egli afferma: <Gli primi hanno più dignità, potestà ed efficacia in sé, perché hanno la divinità; gli secondi son essi più degni, più potenti ed efficaci, e son divini. Gli primi son degni come l’asino che porta li sacramenti; gli secondi come una cosa sacra. Nelli primi si considera e vede in effetto la divinità; e quella s’admira, adora ed obedisce; ne gli secondi si considera e vede l’eccellenza della propria umanitade.>
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