Assimilabile al simbolo del serpente è quello del drago.
Più che sottolinearne le similitudini, sia come figura che come simbolo, credo sia opportuno metterne in evidenza le differenze, sì da comprendere il perché di questa che, a prima vista, può sembrare una sovrapposizione di simboli.
I Draghi, come il serpente, sono presenti in tutte le culture e civiltà eppure non può sfuggire, ad uno scrupoloso cultore dei miti che, per quanto riguarda la civiltà ebraico-cristiana, i primi assumono rilievo solo a partire dal medioevo e, a differenza del serpente, qui ha solo valenze negative: è chiara rappresentazione del male… e solo del male.
Differente è il simbolo del drago nelle culture orientali; ma anche in quella celtica, druidica (nella mitologia norrena, cioè) come in quella amerinda.
In queste civiltà praetercristiane il Drago è un simbolo prevalentemente positivo: esso rappresenta il pathos interiore, insito nell’uomo, capace di divorare le sue inquietudini; e la mission dominante del drago, infatti, è il divorare l’elefante, simbolo dell’ingombrante inconscio, come peraltro lo sono la balena e lo stesso leviatano della cultura ebraica antica.
Il drago nella mitologia norrena, invece, è il custode del tesoro e la sua uccisione o sconfitta non va interpretata come lotta tra bene e male bensì come capacità dell’eroe di liberare da forze occulte, quindi portare alla coscienza, il tesoro. Lo stesso avevano fatto, nella mitologia greca, anche i vari Giasone, per conquistare il Vello d’oro, ed Ercole per i pomi d’oro delle Esperidi.
Nella ‘nostra’ cultura, invece, il drago rappresenta la degenerazione del Serpente, con la sostanziale identificazione dei due simboli con il demonico, con il male.
Ma il drago, come qualsiasi altro archetipo esistente nell’inconscio dell’uomo, in un certo qual modo, si vendica.
Carl Gustav Jung ci ha edotti sull’importanza dei simboli nel sogno e sui loro effetti benefici sulla nostra psiche quando sono ben interpretati; ebbene, nei sogni il drago, come il serpente, non assume solo valenze negative. Spesso, quando è accostato all’elemento fuoco (il drago che sprigiona fiamme dalla sua bocca) è benefico ed evoca le forze passionali in noi mentre quando è accostato all’elemento acqua (come il mostro di Loch Ness) assume valenze negative.
Di certo, va ricordato che l’immagine del drago non è univoca come quella del serpente e le sue stesse prerogative sono differenti nelle diverse culture e, persino, tra mito e mito nella stessa cultura. Fafnir, il drago che custodiva l’Anello dei Nibelunghi, ucciso da Sigfrido nella saga dei Volsunghi, possedeva la capacità di parlare con tutte le creature e l’eroe, dopo averlo ucciso, ne mangiò il cuore per poter capire il linguaggio degli uccelli. Niðhöggr cercava di distruggere il mondo rosicchiando le radici dell’albero Yggdrasill. Altro drago, serpentiforme come i primi, era Miðgarðsormr, scaraventato da Odino nell’oceano, il quale era talmente grande da riuscire a circondare tutta la terra e a mordersi la coda da solo (è la stessa rappresentazione del drago Uroboros, che simboleggia il Tutto). Jormungand, il drago predestinato ad uccidere ed a essere ucciso da Thor al momento del Ragnarök (la battaglia finale, equivalente dell’apocalittica Armaggeddon). Altri draghi furono presenti nella letteratura tradizionale germanico-norrena, come i due di Beowulf e, quasi sempre, essi erano custodi di un antico tesoro. Altra caratteristica del drago nella mitologia norrena è la sua capacità di parlare tutte le lingue, di cui si serve per mentire ed ingannare. Della valenza positiva della figura del drago ne era consapevole anche un sovrano di cultura cristiana (anche se la sua discendenza da una stirpe celtica non può non averlo influenzato, al riguardo); il vessillo del Pendragon, infatti, apriva la via e guidava le schiere di Re Artù in battaglia. Si tratta dell’effige del Verme di Lambton o, forse, del Drago di Wantley, entrambi uccisi da cavalieri. La collina di WormHill prende proprio il nome dal Verme di Lambton.
Questi draghi, mastodontici lucertoloni solitamente senz’ali, dai corpi allungati e sinuosi, avevano squame dure, praticamente imperforabili, denti affilatissimi e sputavano fuoco.
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