Il primo dialogo della Cabala del cavallo pegaseo è una vera e propria lezione di kabbalah che Bruno ci offre attraverso gli interventi di Saulino (il personaggio che simboleggia Bruno stesso, richiamando nel nome il cognome della madre del filosofo, e quindi la sua origine). Gli interlocutori di questo primo dialogo sono, oltre il citato Saulino, che è lo stesso personaggio dello Spaccio de la bestia trionfante, Sebasto e Coribante. Tre gli interlocutori come tre sono i tipi di asinità individuati da Bruno nella declamazione; Sebasto interpreta il primo tipo, cioè coloro che sostituiscono la necessità della sapienza con la ineluttabilità della Fede; Coribante il secondo tipo, vale a dire i pedanti che con le loro certezze assolute e la loro presunzione di essere gli unici depositari delle verità di fede finiscono con l’essere solo biechi e aridi difensori della religione e dell’ordine etico costituito; Saulino invece, come il suo omologo, appartiene al terzo tipo e lo interpreta: rappresenta coloro che non avendo certezza alcuna, e quindi essendo consapevoli della propria ignoranza ed asinità, vanno alla continua ricerca della Verità senza mai arrestarsi. Sebasto, forse Sebastiano, è un nome comune tra il popolino della Nola del ‘500, popolino religioso fino alla bigotteria; ma è anche il nome che contiene l’idea dell’asino: il basto infatti è la sella di legno di cui si carica il nostro animale; ma forse, come sottolinea il prof. Franco Manganelli[1], è anche l’omaggio a Sebastian Brant (1457-1521) che nel suo saggio Stultifera navis identifica i maggiori difetti dell’uomo con l’asinità e la follia; mentre Coribante è il nome altisonante (che richiama il pedante e il maestro) di colui che “iniziò” Dioniso al culto di quelli che furono i suoi riti.
Saulino è qui chiamato a spiegare perché non ha descritto nello Spaccio la sorte e la sostituzione dell’Orsa maggiore e dell’Eridano. Egli giustifica questo silenzio con la necessità di non distogliere i suoi interlocutori dall’analisi delle altre sostituzioni operate dal Consiglio degli Dei, a causa della particolare natura delle virtù chiamate a rimpiazzare le due costellazioni citate; in effetti a sostituire l’Orsa viene chiamata l’Asinità in astratto, e a sostituire l’Eridano viene chiamata l’Asinità in concreto, le quali potrebbero essere considerate figure provocatorie ed offensive ad un’analisi superficiale, perché non facilmente riconoscibili quali virtù. Altra motivazione addotta è data dall’importanza particolare che egli attribuisce a queste due figure che meritano una trattazione appropriata e maggiormente approfondita a causa dello stretto legame che detengono con la Verità, sommo bene per ogni essere vivente. La trattazione separata di queste due virtù, così particolari, permette la massima attenzione su di esse, senza far perdere la necessaria attenzione sulle altre, evitando quindi il danno di una ridotta concentrazione sulle altre e varie virtù e ottenendo, per contro, un notevole interesse su queste due.
Al posto dell’Orsa maggiore viene elevata, quindi, l’Asinità in astratto; è infatti l’idea stessa della morigeratezza di questo umile animale che funge da volano alla conoscenza della Verità, che è assisa al posto dell’Orsa minore. Al posto dell’Eridano viene elevata l’Asinità in concreto, cioè la capacità dell’uomo di essere umile nella Verità espressa nelle cose, quindi nei comportamenti e nella sua stessa essenza “sanamente istintiva”. Nel primo dialogo si discorre dell’Asinità in astratto. Tre sono le manifestazioni della Verità, la prima eterna e al di sopra delle cose, la seconda insita nelle cose, e la terza che attiene alla conoscenza; sottolinea Saulino: <La prima ha nome di causa, la seconda ha nome di cosa, la terza ha nome di cognizione. La verità nel primo modo è nel mondo archetipo ideale significata per un de’ Sephirot; nel secondo modo è nella prima sedia dove è il cardine del cielo [la stella polare –n.d.a.] a noi supremo; nel terzo modo è nella detta sedia che prossimamente da questo corporeo cielo influisce ne gli cervelli nostri, dov’è l’ignoranza, stoltizia, asinità, ed onde è stata discacciata l’Orsa maggiore.>
La prima manifestazione della Verità è quindi nelle radici stesse dell’albero delle Sephirot, l’albero della vita, per i cabalisti, la seconda manifestazione (la stella polare) è la Verità assoluta, la terza manifestazione è la conoscenza della Verità da parte degli uomini, a cui solo se umili come asini potranno accedervi. Asino, quindi, e non orso, perché è il primo che ha diritto a stare in cielo perché sacro, richiamando idee di sacralità come quelle relative a Saturno, all’ebraismo e indirettamente, a Cristo stesso, mentre il secondo è solo archetipo di carnalità aggressiva, quindi immagine lubrica e non idonea al mondo celeste.
[1] Franco Manganelli La cabala nolana- dialoghi sull’asinità “di” Giordano Bruno, pag. 82 – ed. Guida.
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