È tra il serio ed il faceto che Bruno presenta al suo immaginato Vate la Cabala del Cavallo Pegaseo; in effetti nel momento in cui egli individua Don Sapatino, gli comunica che l’opera non può essere dedicata a quel cavaliere (Sir Fulke Greville?) perché pur capendo, questi, l’importanza del messaggio non vuole approfondirlo non essendo in grado di “intendere gli misterii”; non può essere dedicata ad un ministro di Dio perché l’opera riecheggia le teorie di Origene che non potrebbe condividere; di più, l’opera non è stata accettata né da una dama che l’ha trovata troppo piccola per essere adeguata all’idea di un asino o di un cavallo (allusione sessuale alquanto esplicita), né da un’altra che pur avendola apprezzata (altra allusione sessuale) non si decide se tenerla oppure no, né da una terza, bigotta, perché non conforme al messaggio confessionale puro e semplice; non è accettata dal pedante perché non è uno studio sui classici latini o greci; non da un poeta al quale farebbero gola solo i pochi versi contenuti; né può essere accettata da altri perché tratta di materia così particolare da non poter essere dedicata a personalità che niente hanno a che vedere con quelle discipline. L’epistola in sostanza fa l’elenco di chi “non” è in grado di comprendere la portata dell’opera, e il richiamo ai misteri, fatta dal cavaliere denuncia la natura, anche, magica della stessa. È un’opera strappata al fuoco ed all’oblio da Bruno per non disperdere il frutto delle proprie meditazioni, e solo a se stesso che è giusto dedicarla, ma la natura occulta del suo messaggio genera la necessità di mascherare ulteriormente il destinatario, da qui l’”invenzione”, comunque denunciata, di Don Sapatino vescovo, figura vagheggiata, di persona che c’è e non c’è, ed alla quale si può offrire, indifferentemente, tutto o niente, e a cui offrire questo trattato che è pura sinergia tra Teologia, filosofia e cabala essendo <…una cabala di teologia filosofica, una filosofia di teologia cabalistica, una teologia di cabala filosofica> che può essere acquisita in tutto il suo contenuto, in parte di esso o per niente o anche può essere preso <…tutto del niente in parte, parte del tutto nel niente, niente de la parte in tutto.> È in questo modo giocoso che il Nolano finisce con il delineare in modo perfetto il contenuto di quest’opera e l’uso che se ne può farne.
Ma chi è il protagonista della Cabala…: è un asino; un asino che è regalo di grande valore come quello che viene donato dal Papa alla città di Roma, come l’asino d’Otranto dono per l’imperatore di Costantinopoli, come l’asino di Sardegna simbolo della città di Napoli; dono che, per contro, costa poco o nulla ma offre molto, è dono che rinsalda il rapporto tra l’uomo Bruno e il personaggio “velato”, che Bruno è; è dono dello stesso valore dell’Arca di Noè offerta a Papa Pio quinto, del De Umbris Idearum offerto al Re cristianissimo di Francia Enrico III, dell’ Explicatio triginta sigillorum offerto all’ambasciatore De Castelnau, e del De la Bestia Trionfante offerto a Sir Philip Sidney. Anzi, forse il suo valore è anche maggiore, e quindi l’offerta a se stesso è ulteriormente giustificata <…perché qua avete non solamente la bestia trionfante viva; ma, ed oltre, gli trenta sigilli aperti, la beatitudine perfetta, le ombre chiarite e l’arca governata;> e l’Asino non è regalo da poco poiché come prosegue la frase precedente <…dove l’asino (che non invidia alla vita delle ruote del tempo, all’ampiezza de l’universo, alla felicità de l’intelligenze, alla luce del sole, al baldacchino di Giove) è moderatore, dechiaratore, consolatore, aperitore e presidente.> È il dono, quindi, di una summa delle sue opere precedenti, ed anche il superamento di queste attraverso lo svelare degli arcani in esse contenuti.
Bruno è così certo del valore di quest’opera che chiude l’epistola con una frase di inequivocabile significato: <Cossì mi persuado, anzi son certo, che voi accettarete questo dono come cosa cossì perfetta, come con perfettissimo cuore vi viene offerta. Vale.>
Lascia un commento