La cena de le Ceneri: Accenni di Kabbalah.
Il percorso sapienziale bruniano ha una caratteristica ben precisa; in ogni sua opera il filosofo nolano scevera in modo approfondito uno degli aspetti della sua variegata proposta ma nel contempo non abbandona mai del tutto, né accantona, tutti gli altri suoi insegnamenti, sia quelli già sviscerati minuziosamente che quelli non ancora affrontati: per esempio, gli scritti magici come il De vinculis in genere ed il De Magia sono stati scritti solo verso la fine del suo percorso su questa terra, ma di magia è piena ogni sua opera, dal Candelaio in poi, ed anche forse nelle opere smarrite. Per cui non ci meraviglieremo se egli riprende i messaggi occulti connessi con il significato dei numeri; peraltro la cabala che già da qualche secolo si è introdotta attraverso un gioco di carte molto particolare, che mischia la divinazione al gioco tout court, i tarocchi, si è affiancata alla Kabbalah ebraica, che certamente Bruno conosceva in ogni sua piega.
…ecco ne ritrovammo poco più o meno di vintidui passi discosti da onde eravamo partiti…percorsi, dunque ventidue passi ci si ritrova al punto di partenza. Perché il richiamo proprio a quel numero non certo utilizzabile come unità di misura? Ventidue sono i passi dal punto di partenza; ma si ricomincia da capo. Ventidue sono il numero degli arcani maggiori dei tarocchi, ventidue è il numero sacro della cabala che è ottenuto da due volte l’undici: dopo le dieci sephirot; la cui conoscenza sequenziale permette la conoscenza dell’UOMO. Il passaggio successivo conduce alla divinità, e il numero corrispondente è appunto l’undici, e il ventidue rappresenta la dualità presente anche nel divino; ma anche il Matto, l’arcano senza numero dei tarocchi. Ventidue è il numero delle lettere che compongono l’alfabeto ebraico; e secondo la Kabbalah per arrivare alla sapienza bisogna percorrere il cammino attraverso il significato di ciascuna di tali lettere, e nella sequenza corretta; e non solo! La corrispondenza tra gli arcani maggiori dei tarocchi con le lettere dell’alfabeto ebraico è punto cardine dell’uso degli stessi. I tarocchi maggiori sono, appunto, ventidue, numerati dall’uno al ventuno; il ventiduesimo, il Matto, non evidenzia sulla carta il numero di corrispondenza, come avviene per gli altri; inoltre mentre le prime venti carte seguono, come corrispondenza con l’alfabeto ebraico, l’ordine dello stesso, la ventunesima carta, il Mondo, è collegata con la lettera הּ, la Tau, la ventiduesima lettera, l’ultima, con la quale si completa il percorso; e il Matto è collegato con la ventesima, la שּׂ, la Schin, lettera madre, sinonimo della triade archetipale: Keter, Chokhmah, Binah e, nell’ermetismo cristiano, con la Trinità.
Il significato occulto di questa inversione può essere riscontrato nella corrispondenza con lo 0, zero, che è il numero associato al Matto; è il ritorno all’origine, al nulla prima della creazione; quando il percorso sapienziale è portato a termine lo studioso si rende conto di aver sempre conosciuto la verità, che tutti conoscono, anche se pochi la riconoscono, e questo lungo percorso termina laddove è cominciato. Questo è il messaggio kabbalistico, e questo è il messaggio che padre Bruno ci trasmette: il percorso sapienziale per quanto lungo, accidentato e faticoso, non termina mai, anzi, ogni volta che sembra terminare determina il punto di partenza per il successivo percorso. Come i testi bruniani che sembrano sempre ripercorrere gli stessi tragitti che, però, conducono ognuno a destinazioni differenti seppur concordanti con le precedenti (e con le seguenti).
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