Chi è stato, veramente, Giordano, al secolo Filippo, Bruno di Nola (1548/1600)? È questa la domanda che dovremmo farci al di là di qualsiasi altra considerazione su questa mente così “singolare” che, nella scia di Leonardo e di Giovanni Pico della Mirandola, ha dato lustro al Rinascimento italiano, periodo che forse si chiuse proprio con questo originalissimo pensatore. D’altro canto, mi pregio sottolineare: mi sento, e per certi versi ne sono onorato, un asino nella Conoscenza. Questa confessione, forse, invoglierà qualcuno a non interessarsi del mio parere ma, del parere di chi non ammette ‘verità’ differente dalla propria, a me poco interessa: non sono così paziente ed ottimista come il filosofo di Nola.
La cultura dominante non ha mai molto amato il filosofo di Nola, o forse, al contrario, amandolo moltissimo ha preferito tenerlo nascosto ai più: chissà qual è la verità? Certo che è difficile capire come un giovanotto in fuga, per l’Italia prima e per l’Europa dopo, e senza una carta d’identità “significativa”, sia riuscito ad entrare nelle grazie dei grandi d’Europa: Enrico III di Francia, Elisabetta I d’Inghilterra, i maggiori Principi tedeschi, luterani e non, Rodolfo II d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero; e successivamente, dopo essere stato arrestato, e tenuto segregato con una delle accuse più imperdonabili ed infamanti possibili da parte dell’inquisizione papale e per le quali accuse la condanna a morte era pressoché scontata, sia stato tenuto in vita ancora ben sette anni durante i quali senza un comprensibile motivo la mano secolare del Papato non si è abbattuta su di lui. E dopo tanto tempo, non capisco che senso potesse avere il rogo; e poi: arso vivo!!!
Chi dunque fu, realmente, costui? Una parola definitiva non è stata ancora detta, né io intendo aggiungere alcunché a questo rumorosissimo silenzio.
Ma, come diceva una mia carissima giovane amica: comme faceva? Cioè, a quali conoscenze poteva attingere, quali tecniche poteva utilizzare, quale Sapienza, infine, aveva costui per poter affrontare temi così differenti come astronomia, matematica, ottica, fisica, scienze naturali, filosofia, teologia, conoscenza delle Sacre Scritture; per non parlare di astrologia, alchimia, conoscenza di leggende e miti greci, egizi ed orientali, ed anche di magia?
Nessuno ha veramente affrontato con serietà e approfonditamente questo problema; io non lo so, ed ancora una volta non intendo andare ad incrementare le fila di chi risposte non ha, ma deve dire la sua.
Ma, il terzo dialogo della Cena…e la seconda proposta di Nundinio ci danno una traccia su cui lavorare, o meglio, ed è la soluzione che preferisco, ci danno materiale per una riflessione, una meditazione. Il modello speculativo bruniano, nel momento in cui si esamina lo sviluppo delle singole tesi da lui proposte, sembra essere quasi infantile; dinanzi allo studio di Copernico ed alla determinazione dell’Osiander, nel voler ghettizzare in ambito puramente matematico quegli studi, Bruno si propone con esercitazioni di ottica di una semplicità quasi sconcertante; ma queste incidono profondamente nell’analisi e nella soluzione delle sue tesi. Hilary Gatti –ricercatrice all’Università La Sapienza di Roma- nel suo Giordano Bruno e la scienza del Rinascimento, ed. Mondatori, a pag.66, ipotizza che essa sia l’ottica di Alhazen (Ibn al-Haitham), l’astronomo arabo dell’undicesimo secolo che nel suo libro, noto nella versione latina con il titolo di Perspectiva aveva esaminato gli inganni ottici: quegli stessi esperimenti permisero far intuire a Bruno la presenza di tanti corpi celesti e che portarono -come riferisce la Gatti ancora nel succitato libro, a pag. 67- Keplero a rimproverare Galileo, dopo la pubblicazione del Siderus Nuncius (nel quale l’astronomo pisano annuncia la scoperta mediante il cannocchiale delle lune di Giove) di non aver dato il giusto credito a quei predecessori che lo avevano aiutato a raggiungere tale scoperta: e forse egli qui si riferiva anche a Bruno.
Il metodo che il Nolano propone per affrontare il problema cosmologico è sintetizzato in poche parole che Bruno, quasi come un inciso, inserisce tra una dimostrazione e l’altra all’interno della “seconda proposta di Nundinio”: Dovete avvertire quello che veggiamo per esperienza; l’altro “strumento di lavoro” è, quindi, la logica comune. Seguendo attentamente i propri sensi e dando ascolto ai più semplici e comuni principi adottati nella vita quotidiana possiamo renderci conto anche dei più profondi misteri che vi sono in natura; perché questa parla un linguaggio univoco, e non può essere diversamente. Il linguaggio dei …fanciulli, allor che possono adoprar gli propri in strumenti per prendere il cibo è lo stesso che usa il pianeta che si trova nella galassia più lontana quando ruota attorno al suo Sole. È tutto lì? Certamente no; ma tanto è stato comunque sufficiente a raggiungere, anche se solo a livello speculativo, risultati veramente rivoluzionari nello studio del Cosmo: è stata smantellata la teoria degli orbi celesti, della centralità della Terra nel sistema solare, ed in ultima analisi, la stessa teoria copernicana viene ridimensionata sensibilmente, venendo superata nella sua rivoluzionarietà. Ugo Foscolo, nel suo carme I sepolcri, vide rotarsi più mondi dinanzi la lapide di Copernico in Santa Croce; Giordano Bruno ci mostra l’Universo ruotare, pulsare e vivere, nel suo capolavoro, la Cena delle Ceneri; c’è da restare estasiati dinanzi alla visione di Bruno, alla sua lungimiranza, al suo stesso metodo di analisi. Quello che egli ha visto sarebbe stato comunque incredibile ma quello che ha visto, senza gli strumenti “scientifici” esistenti oggi, è semplicemente entusiasmante, eppure… VERO.
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