L’ultimo, ma non ultimo, richiamo alla donna come simbolo lo ritroviamo nel culto della Grande Dea Madre.
Invero, quest’archetipo è uno dei più antichi tra quelli concepiti dall’uomo. Il bisogno di dialogare con la divinità nasce, che lo si voglia accettare o meno, con l’uomo stesso; e la prima richiesta che venne effettuata non poteva essere che quella di potersi alimentare con facilità. Tale richiesta a chi poteva essere rivolta se non ad una madre? E quale madre poteva soddisfare questa preghiera se non la Terra stessa… la Grande madre?
Il secondo passo dell’uomo fu, come è facile immaginare, attribuire un volto molto simile a sé a questa divinità: l’antropomorfismo è, infatti, un bisogno innato nell’uomo che inconsciamente non accetta che possa esistere qualcuno o qualcosa di diverso e superiore a lui. Da qui nascono le prime immagini della Grande Dea Madre simboleggiata da una donna con grossi seni e fianchi larghi. Ma l’uomo preistorico è anche più realista e pragmatico dell’uomo civilizzato; egli sa che la Terra come offre così prende e la dea viene presentata come ambivalente potenza distruttrice e salvatrice, nutrice e divoratrice.
Con il trascorrere dei secoli, lo spostamento dei popoli e la crescente complessità delle culture nonché le attribuzioni della Grande Madre, si moltiplicarono dando origine a diverse icone di divinità femminili. Per cui la Grande Dea, pur continuando ad esistere e ad avere culti propri, assunse anche personificazioni distinte presso i popoli più civilizzati; ad esempio, in qualità di protettrice dell’amore fu personificata in Ishtar (o Astarte, Afrodite e Venere); quale Dea della fertilità femminile in Ecate triforme; come protettrice della caccia in Artemide e Diana; in quanto preposta alla fertilità delle sementi in Demetra, Cerere, Persefone e Proserpina.
In Africa la Grande Madre venne individuata in Nana ed in Iside; in America nella Dea dall’abito di serpente; presso i Navajos e gli Apache è Estsanatlehi, la Madre di tutti gli esseri viventi che all’alba del mondo, quando si unì al Sole, partorì due gemelli che sconfissero i mostri che popolavano il suolo terreste. In Asia minore, nell’area mesopotamica e in Anatolia venne adorata come Cibele e Anahita; in Cina con il nome di Quan-Yin e in India con quello di Durga. Circa l’Europa, in Grecia prese il nome di Gea, o Gaia, divinità femminile che impersonava la Terra. Secondo la teogonia di Esiodo, dopo il Caos, sorse l’immortale Gaia dagli ampi seni, progenitrice degli Dei dell’Olimpo. Essa, da sola e senza congiungersi con nessuno generò Urano, principio maschile, personificazione del cielo stellato o dell’universo stesso, e padre snaturato degli Dei. Sempre in Grecia, oltre che in Gea, la Grande Dea Madre venne individuata anche in Athena; in Italia in Cibele, nella Bona Dea, in Minerva e in Uni; gli etruschi la individuarono nell’antica Dea Mater Matuta; in Spagna e a Malta con la Dea Astarte; in Irlanda con la Dea Brigid; in Russia con la Dea Lada ( la cui incarnazione, Matersva, era la Dea uccello ).
Nelle civiltà primordiali le donne erano considerate e valorizzate – regine, sacerdotesse, artigiane, membri anziani dei clan al pari e, in alcuni casi, anziché gli uomini -; e tali società erano di carattere egualitario. In esse si evidenziava un particolare rispetto verso la Madre Terra come simbolo della Grande Madre. Il potere della donna era inteso non come dominio ma come capacità di illuminare e trasformare la coscienza umana. Più tardi nell’epoca medievale tutto ciò fu circoscritto e simboleggiato nel vas femminile e nel calice del Sacro Graal: un potere non terreno ma spirituale che si estrinseca non solo nella conoscenza e nella saggezza, ma soprattutto nella verità, nell’amore e nella giustizia.
È facile comprendere perché queste qualità, ben presto, furono attribuite alla Vergine Maria, fino a quel momento venerata solo in quanto madre di Dio. Nella Madonna si fusero le due qualità di dispensatrice della nascita di Dio e di Madre di tutte le creature; quindi anche di Madre Terra. Alla fine di questo periodo la spiritualità antica della Grande Madre si attenuò gradualmente fino a scomparire del tutto, come risultato dello scontro tra culture diverse e del successivo affermarsi delle religioni patriarcali.
Anche la moderna psicologia analitica, segnatamente quella proposta da Carl Gustav Jung, attribuisce importanza fondamentale all’archetipo della Grande Madre. Per lui essa è una delle potenze numinose dell’inconscio, un archetipo di grande ed ambivalente potenza: salvatrice e distruttrice degli aspetti negativi della nostra personalità, nutrice e divoratrice delle ossessioni dell’uomo.
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