L’elogio della prostituzione.
L’altra caratteristica, oltre alla lussuria, che per il comune senso del pudore sarebbe da esecrare, e che nella Napoli di Bruno viene elevata a sublime manifestazione della sua civiltà è la prostituzione. A difesa e celebrazione di questa “pratica” si propone il millantatore ed inverecondo Scaramurè che consuma la beffa in danno di Bonifacio fingendo di giustificarlo, con i suoi falsi carcerieri, per aver voluto accedere alle grazie di una prostituta, cosa assolutamente legittima e codificata nel Regno partenopeo; per Bruno, Stato di grande civiltà perché tutela e promuove tale pratica.
…in Italia non è come in certi paesi oltramontani, dove, – o sii per la freddezza di quelli, o sii per gran zelo delle povere anime, o per sordida avarizia di quei che administrano la giustizia, – sono perseguitati que’ che vanno a cortiggiane. Cqua, come in Napoli, Roma e Venezia, che di tutte sorte di nobilità son fonte e specchio al mondo tutto, non solamente son permesse le puttane, o corteggiane, come vogliam dire…
,,,esordisce Scaramurè che, traccia anche il profilo sociologico, urbanistico ed economico del mestiere più vecchio del mondo nelle tre capitali italiane, che ne avevano formalizzato e codificato la pratica. Le prostitute…
…non solamente, dico, son permesse, tanto secondo le leggi civili e monicipali, ma ancora sono instituiti i bordelli, come fussero claustri di professe…
e inoltre ….
Cqui, in Napoli, abbiamo la Piazzetta, il Fundaco del Cetrangolo, il Borgo di Santo Antonio, una contrada presso Santa Maria del Carmino. In Roma, perché erano disperse, nell’anno 1569 Sua Santità ordinò che tutte si riducessero in uno, sotto pena della frusta, e li destinò una contrada determinata, la quale di notte si fermava a chiave: il che fece non già per vedere il conto suo circa quel che appartiene alla gabella, ma acciò si potessero distinguere dalle donne oneste, e non venessero a contaminarle. Di Venezia non parlo, dove per magnanimità e liberalità della illustrissima Rep[ublica] – sii che si voglia di alcuni particulari m[esseri] Arcinfanfali clarissimi, che per un bezzo si farrebbono castrare, per parlar onestamente, – ivi, le puttane sono esempte da ogni aggravio; e son manco soggette a leggi che gli altri, quantunque ve ne siino tante, – perché le cittadi più grandi e più illustre più ne abondano, – che bastarebbono in pochi anni, pagando un poco di gabella, a far un altro tesoro in Venezia, forse come l’altro. Certo, se il Senato volesse umiliarsi un poco a far come gli altri, si farrebbe non poco più ricco di quel ch’è; ma perché è detto: “in sudore vultui ti”, e non “in sudore delle povere potte”, si astengono di farlo. Oltre che, alle prefate puttane portano grandissimo rispetto, come appare per certa ordinanza, novamente fatta sotto grave pena: che non sii persona nobile o ignobile, di qualunche grado e condizion ch’ella sii, ch’abbia ardire d’ingiuriarle e dirgli improperii e villanie: il che mai si fe’ per altra sorte di donne… e la tolleranza di questo mestiere, e la sua codificazione assume addirittura a indice di alta civiltà, tanto che … in queste tre città consiste la vera grandezza di tutta Italia: perché la prima di quell’altre tutte che restano, è di gran lunga inferiore a l’ultima di queste.
E qui si esplicita il fulcro della difesa di Bonifacio, perché…
…la giustizia si astiene di procedere, perseguitare e comprendere quelli che vanno a donne di onore: perché considerano i nostri principi esser cosa da barbari di prendere le corna che un gentil uomo, un di stima e di qualche riputazione abbia in petto, ed attaccarglile nella fronte. Però, sii l’atto notorio quanto si voglia, non si suol procedere contra, eccetto quando la parte, – la quale sempre suol essere di vilissima condizione, – non si vergogna di farne instanzia. Quanto alle parte onorate, la giustizia verrebbe a farli grandissimo torto ed ingiuria; perché non contrapesa il castigo che si dà a colui che pianta le corna, ed il vituperio che viene a fare ad un personaggio, facendo la sua vergogna publica e notoria a gli occhi di tutto il mondo. Sì che è maggior l’offesa che patisce da la giustizia che del delinquente; e benché nientemanco il mondo tutto lo sapesse, tuttavia sempre le corna, con l’atto de la giustizia, dovengono più sollenne e gloriose. Ogni uomo, dunque, capace di giudicio, considera, che questo dissimular che fa la giustizia, impedisce molti inconvenienti; perché un cornuto e svergognato coperto, – se per un tale può esser ditto cornuto o svergognato, di cui l’esistimazione non è corrotta, – per tema di non essere discoperto, o per minor cura ch’abbia di quelle corna, che nisciun le vede, – le quali in fatto son nulla, – si astiene di far quella vendetta, la quale sarrebbe ubligato secondo il mondo di fare, quando il caso a molti è manifesto. La consuetudine, dunque, d’Italia ed altri non barbari paesi, dove le corna non vanno a buon mercato, non solamente comporta e dissimula tali eccessi, ma anco si forza di coprirli. Onde, in certo modo, son da lodare quei che permettono i bordelli, per li quali si ripara a’ massimi inconvenienti, che possono accadere in nostre parti…
È ovvio che alla fine l’arringa, fatta a beneficio di un giudice ben complice dell’avvocato, otterrà l’atteso risultato.
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