Mercurio, come simbolo, travalica e al tempo stesso permea tutte le sue manifestazioni esteriori: naturali, pseudostoriche e mitologiche.
Tale simbolo non evoca il Dio dell’antica Roma, ripresentazione di quello greco, Hermes, né il mitico Ermete (Mercurio) Trismegisto, pseudo personificazione del Dio egizio Thot, misteriosamente celebrato in una tarsia sul pavimento del duomo di Santa Maria Assunta a Siena o l’elemento chimico annotato nella tavola periodica degli elementi di Mendeleev e neppure il piccolo pianeta del sistema solare. Esso non è nessuno di questi e, al tempo stesso, è tutti loro contemporaneamente. È proprio in ciò la magia di questo simbolo.
Peraltro, in ciascuna di queste manifestazioni, Mercurio si presenta quale entità ambigua: pur non essendo ermafrodito ha caratteristiche maschili e femminili e non a caso molti dei suoi figli e discendenti mostrano qualità doppie. Proprio uno dei figli, avuto da Afrodite, fu Ermafrodito, nel cui nome sono fusi i nomi del padre e della madre (ed il nome possiede una potenza evocativa formidabile, certamente magica); ma anche il più celebrato e discusso eroe greco, Odisseo, era suo discendente giacché suo nonno Autolico era, appunto, figlio di Ermes: e, certamente, non vi fu mai personalità più ambigua dell’itacense eroe omerico.
Ma andiamo per gradi…
L’elemento chimico denominato Mercurio ha come simbolo Hg e numero atomico 80. Hg come hydrargirium, acqua – argento, argento vivo, com’anche è identificato il Mercurio, anche in Alchimia. 80, composto da otto per dieci: dove la moltiplicazione per dieci (o cento o mille o altri suoi multipli) indica la massimizzazione dell’effetto moltiplicato ed otto e il numero a cui corrisponde la sephira Hod, il cui corrispondente astrologico è proprio Hermes, Mercurio.
Non essendo presente, se non raramente, da solo in Natura, lo si ottiene, per riduzione, dal cinambro, un minerale rossiccio che rende il mercurio tramite arrostimento.
La natura ambigua del mercurio si manifesta anche nelle sue svariate applicazioni pratiche: utilizzato per purificare l’oro e l’argento produce un amalgama certamente nocivo ed inquinante ed il suo utilizzo in odontoiatria si va riducendo sempre più; l’uso di sali di mercurio come disinfettante locale esterno (mercurocromo) è ancora frequente in diversi paesi ma, in altri, sono stati messi al bando.
Di fatto, il mercurio è altamente tossico e la sua assunzione può avvenire in svariati modi, dall’ingestione all’inalazione dei vapori, al semplice contatto; i Sali di mercurio, invece, sono facilmente accumulabili attraverso la catena alimentare.
La tossicità del mercurio è già nota nell’antichità: Mitridate, Re del Ponto utilizzava un filtro composto da una cinquantina di essenze naturali tra i quali l’arsenico e, appunto, il mercurio. Se ne rinvennero tracce anche nelle tombe dei Faraoni egiziani, risalenti al 1500 a. C.
In Cina, in India e nel Tibet, per contro, si riteneva che il mercurio prolungasse l’esistenza e curasse le fratture. Nella civiltà indù il mercurio (quello alchemico) era alla base di tale percorso; in quella civiltà, infatti, l’alchimia era definita rasavātam che significa letteralmente “la via del mercurio”.
In occidente, il nome di quest’elemento chimico evocava l’acqua e l’argento a causa del suo aspetto limpido e metallico e, nella Roma imperiale fu associato al Dio romano Mercurio per la sua scorrevolezza e mobilità.
D’altronde, vi è mai capitato di vedere come si comporta il mercurio di un termometro che si rompe? Inafferrabile, scivola dall’apparecchio rotto, si frantuma in ‘mille’ parti e, se alcune di queste particelle vengono di nuovo in contatto, o si riuniscono o, talaltra, si rompono in altre parti ancora: inafferrabili ed incostanti come il Dio (greco o romano) di cui portano il nome.
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