Lunedì 11 dicembre, alle 15:00, il Nolano e il Rettore della Sorbona furono ammessi alla presenza di colui che, forse, era l’uomo più potente di Francia.
Non molto più alto di frà Giordano, altrettanto magro, dotato di una vocina stridente, ma di uno sguardo penetrante ed indagatore, Enrico di Guisa accolse i due ospiti in un salotto del suo palazzo, vicino il bastione di Nesle. Lo sfarzo di quella sala, l’eleganza dei valletti e la cura del cerimoniale con il quale furono accolti i due ospiti avevano, certamente, lo scopo di intimidire il giovane monaco. Il Duca, seduto su di un piccolo divano, fece accomodare i suoi interlocutori nelle poltroncine ai suoi lati, quindi, rivolto a m.r De la Ville esordì: “Mio caro amico, vi sono particolarmente grato di avermi condotto l’uomo più popolare, a Parigi; in questi giorni, sembra che non ci sia parigino che non sia stato sedotto dalle sue elevate qualità, ed ho profondo desiderio di godere, anch’io, del suo sapere e della sua sagacia.” Quindi, rivolto a Bruno “So che in questo momento non godete del favore della Santa Madre Chiesa di Roma. Ditemi, mio caro, qual è il motivo della vostra sospensione dagli offici religiosi? Avete perso la fede in Nostro Signore Gesù Cristo, o vi sono motivi politici che vi hanno messo in difficoltà con il Santo Padre? Perché avete lasciato Napoli e Roma e siete venuto in Francia? Avreste fatto meglio ad affrontare i vostri problemi, giù in Italia e, una volta risolti, avreste potuto raggiungere la Francia per approfondire i vostri studi e godere appieno delle opportunità che qui vi sarebbero state offerte.”
“Monsignore, vi chiedo umilmente perdono se metto a repentaglio la vostra lealtà nei confronti della Chiesa, ma vi assicuro che non vi è persona più innamorata di Nostro Signore Gesù Cristo di me, sono un cattolico fervente e convinto, e se i miei studi filosofici hanno offeso alcune gerarchie della Chiesa ne sono profondamente contrito. Sono convinto di riuscire a dimostrare a Sua Beatitudine l’onestà dei miei intendimenti e la mia fedeltà ai postulati della nostra Fede, grazie ai miei scritti ed alla mia azione in terra di Francia mentre, se fossi rimasto in Patria, avrei trovato molte più difficoltà nel riuscirvi.” rispose il Nolano, che si era immediatamente reso conto che difficilmente avrebbe trovato nel Duca un alleato; anzi l’attacco diretto e subitaneo di cui era stato oggetto gli fecero capire di essere di fronte al suo più acerrimo e pericoloso nemico.
“Bene, voglio credere nella sincerità delle vostre asserzioni. Permettetemi di presentarvi la Contessa mia moglie, che ha perorato la vostra causa forse più del nostro amico De la Ville.” riprese il Duca, e tirò un nastro rosa che pendeva dal muro alle sue spalle.
Una porta sulla sinistra si aprì e ne comparve una fanciulla bionda, di circa trent’anni, ma con un personale da fare invidia ad una quindicenne; alta, ma non in modo eccessivo, snella, senza essere gracile, con un naso affilato ma con una leggera gobbetta che le conferiva fascino, una bocca rosa, piccola come un bocciolo del fiore dell’amore, due occhi nocciola, penetranti come lame di spada e ridenti come l’acqua fresca di ruscello.
“Quali ordini, Vostra Grazia?” disse la giovane con una voce suadente e leggermente arrochita.
“Pregate Sua Grazia la Contessa d’Eu di volerci raggiungere. Voglio presentarle questo giovane religioso italiano; il nuovo docente della Sorbona di cui tutta Parigi parla.”
“Subito, Monsignore.” disse la giovane, e con gesto aggraziato ma repentino si voltò, ed uscì dalla stanza con un passo altero, senza degnare di nessuna attenzione i due ospiti, almeno all’apparenza.
Di lì a qualche minuto entrò una giovane donna, della stessa età della precedente, bruna e molto bella ma dallo sguardo triste e malinconico. Solo l’abbigliamento, molto più ricercato in quest’ultima, denunciava la differenza di condizione sociale tra le due.
“Louiselle mi dice che desiderate la mia presenza presso di Voi, mio signore, eccomi.”
“Venite, mia cara.” disse il Duca “… sto ricevendo fra’ Giordano Bruno, il nuovo professore di Teologia della Sorbona. È lui che ha preparato il libretto per le ballet comique de la Reine, a cui abbiamo partecipato e che tanto vi è piaciuto. Ed è lui di cui tutta la nobiltà parigina parla e ne loda la memoria strepitosa. Vi avevo promesso che ve lo avrei fatto conoscere, ed ora è qui con noi.”
Con un mesto sorriso, la Contessa si rivolse ai suoi ospiti che si inchinarono a lei.
Frate Bruno, dimentico delle convenzioni, non attese di essere presentato da m.r De la Ville e, con tono dolce e indulgente, si rivolse alla gentildonna:
“Vogliate benedire questa mia visita con un vostro sorriso, Signora. Non c’è viatico migliore, per una conoscenza sincera e leale, di un franco e sentito sorriso. Né il vostro censo e la vostra bellezza possono sopportare il broncio che denuncia il vostro sguardo. Sono il vostro più umile servitore, usufruite pure delle mie povere conoscenze e dei miei umili consigli.”
Un moto di sbigottimento passò negli occhi del Rettore, e uno sguardo di stupore frammisto ad ira in quelli del Duca.
Immediatamente m.r De la Ville intervenne:
“Vogliate perdonare frate Bruno, Monsignore, non conosce ancora bene gli usi della Corte di Francia, ed è comunque e sempre un religioso, e non un cortigiano, quindi non sapeva di non potersi rivolgere ad una gentildonna, e per giunta sposata, senza che gli fosse stata concessa la parola.”
“Sono mortificato di avervi arrecato offesa, Vostra Grazia…” disse il Nolano, rivolgendosi alla Contessa, “perdonate la mia ignoranza degli usi e costumi della Corte di Francia. Se me ne darete la possibilità, in futuro ne farò tesoro.” Poi, rivolgendosi al Duca… “E voi siate certo della mia buona fede, Monsignore. Non capiterà più di fare qualche gaffes in vostra presenza. Andrò anche io a scuola, e imparerò le buone maniere. Sono il vostro umile servitore.”
Ancora una volta aveva invertito l’ordine del suo intervento, rivolgendosi prima alla Contessa e solo dopo al Duca, ma stavolta questi non se ne offese, o almeno non diede a vederlo.
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