Ciao a tutti i miei amici internauti,
in questo appuntamento settimanale voglio sottoporre alla vostra attenzione un momento singolare della vita di colui che considero il mio ‘spirito guida’, il filosofo Giordano Bruno, il Nolano: i viaggi fatti antecedentemente alla sua fuga da S. Domenico Maggiore a causa dell’accusa di eresia che pendeva sulla sua testa.
Ebbene, nel 1568 (Bruno ventenne ed appena da tre anni in religione, nonché ancora ‘professo’!!!) il futuro filosofo viene mandato in un convento della provincia della Lombardia inferiore. Pur rilevando la stranezza dell’evento, il prof. Vincenzo Spampanato, il più attento biografo del Nolano, non dà seguito alla notizia. Io, invece, intendo riprendere proprio il ‘rilievo’ dell’illustre letterato nolano del secolo scorso: documenti degli archivi dell’Ordine dei Domenicani alla mano, da ottimo storico qual’era, Spampanato registra che nei dieci anni in cui Bruno restò a S. Domenico Maggiore solo sei religiosi poterono lasciare, temporaneamente, il convento e tra questi proprio il giovane Bruno (nel 1568, appunto, insieme a due altri confratelli). Non vi sembra strano?!?
Lo stesso Spampanato ricorda come, ancora nel 1569 e quindi forse durante lo stesso viaggio (non essendo registrata alcuna altra partenza dal convento napoletano), Bruno si trova presso il convento di Santa Sabina a Roma e, nella stessa occasione, conosce il Grande Inquisitore, Cardinale Scipione Rebiba e offre al Papa, Pio V, un’opera, andata poi persa: L’arca di Noè.
In giurisprudenza tre indizi fanno una prova e qui abbiamo 1. un giovane professo che ottiene il privilegio (rarissimo) di lasciare il convento di S. Domenico M.; 2. il suo invio presso il convento dove, in quel periodo, venivano formati i quadri dirigenti dell’Ordine dei Domenicani; 3. la conoscenza diretta del Grande Inquisitore in persona al quale, sembra, abbia addirittura dato lezioni di mnemotecnica nonché, ancora più singolare, la sua presentazione al Papa.
Ci sarebbe anche da porsi qualche domanda sulla sfrontatezza di questo giovane ventenne domenicano che offre una sua opera letteraria al Pontefice; il quale non era certo una personalità così facilmente avvicinabile nel XVI secolo; anche in considerazione del carattere dell’uomo, Michele Ghisleri, introverso e disposto piuttosto all’ascetismo che alla vita di società (seppur ecclesiastica).
Or bene, pur non volendo affermare alcunché di conclusivo, mi sono fatto questo quadro della situazione: della capacità mnemonica di Bruno, della sua diligenza come studente e del suo rigore morale (circa il rispetto delle regole): ne viene a conoscenza la Curia Generalizia dell’Ordine dei Frati predicatori (i Domenicani) che chiama a Roma il giovanotto per formarlo (forse come inquisitore??? – ricordiamo che la c.d. Santa Inquisizione era gestita dai Domenicani, appunto.) si spiegherebbe, così, la sua presentazione al Cardinale Rebiba ed al Pontefice, che era stato anche lui un inquisitore.
Forse non tutto andò bene in quel frangente per il Nolano ma neppure dovette andare tutto male se, sette anni dopo, accusato di eresia da un confratello toscano (frà Agostino da Montalcino) venuto a Napoli, probabilmente in ispezione, da Roma, lasciò furtivamente il convento di S. Domenico Maggiore per rifugiarsi… a Roma; e nel convento di S. Maria sopra Minerva, dove da poco era stata trasferita la Curia generalizia dell’Ordine dei Domenicani. (anche su questa ben strana decisione né lo Spampanato né gli altri biografi hanno espresso il loro parere; e, ancora una volta, mi permetto di sottolineare come la consequenzialità degli eventi descritti assumono un significato ben preciso solo alla luce della mia ipotesi.
Buona riflessione!
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