<Sopra tutte le cose, o Saulino, è situata la verità; perché questa è la unità che soprasiede al tutto, è la bontà che è preeminente ad ogni cosa; perché uno è lo ente, buono e vero; medesimo è vero, ente e buono. La verità è quella entità che non è inferiore a cosa alcuna; perché, se vuoi fengere qualche cosa avanti la verità, bisogna che stimi quella essere altro che verità; e se la fingi altro che verità, necessariamente la intenderai non aver verità in sé ed essere senza verità, non essere vera; onde conseguentemente è falsa, è cosa de niente, è nulla, è non ente. Lascio che niente può essere prima che la verità, se non è vero che quello sia primo e sopra la verità; e cotal vero essere non può essere se non per la verità. Cossì non può essere altro insieme con la verità, ed essere quel medesimo senza verità; percioché, se per la verità non è vero, non è ente, è falso, è nulla. Parimente non può essere cosa appresso la veritade; perché, se è dopo lei, è senza lei; se è senza lei, non è vero; perché non ha la verità in sé; sarà dunque falso, sarà dunque niente. Dunque la verità è avanti tutte le cose, è con tutte le cose, è dopo tutte le cose, è sopra tutto, con tutto, dopo tutto; ha raggione di principio, mezzo e fine. Essa è avanti le cose, per modo di causa e principio, mentre per essa le cose hanno dependenza; è nelle cose ed è sustanza di quelle istessa, mentre per essa hanno la sussistenza; è dopo tutte le cose, mentre per lei senza falsità si comprendeno. È ideale, naturale e nozionale; è metafisica, fisica e logica. Sopra tutte le cose, dunque, è la verità; e ciò che è sopra tutte le cose, benché sia conceputo secondo altra raggione, ed altrimente nominato, quello pure in sustanza bisogna che sia l’istessa verità. Per questa causa, dunque, raggionevolmente Giove ha voluto che nella più eminente parte del cielo sia vista la veritade. Ma certo questa che sensibilmente vedi e che puoi con l’altezza del tuo intelletto capire, non è la somma e prima, ma certa figura, certa imagine e certo splendor di quella, la quale è superiore a questo Giove di cui parliamo sovente e che è soggetto delle nostre metafore.>
Questa vera e propria arringa è il compendio della filosofia bruniana, ed è così appassionata e nel contempo chiara e di immediata comprensione che da sola può essere considerata il commento a se stessa.
Comunque, possiamo individuare tre punti focalizzanti tale esposizione:
- la Verità è Dio stesso, il Dio <di cui non è dato discorrere…> citando Bruno stesso;
- Essa è principio, mezzo e fine; è Causa e principio; è il prima, il durante, il dopo; in una sola parola è il Tutto.
- La verità che possiamo ammirare in cielo (l’Orsa minore) è solo l’immagine, un simulacro della Verità; Verità che è superiore a questo Giove di cui parliamo sovente e che è soggetto delle nostre metafore.
Ancora più esplicitamente che nei dialoghi cosmologici, quindi, Bruno tratteggia il quadro della sua globale visione del Creato; la teoria dell’Uno/Tutto; dell’unità di Principio, Causa ed Atto; del Tempo come funzione accidentale e non divina; ancor più esplicitamente sottolinea la differenza tra il Demiurgo e Dio Padre <che è superiore a questo Giove…>; e decodifica la metafora che sottende all’intera opera: Giove è l’archetipo non di noi stessi, non del Papa, non di Lutero, non della Chiesa Cattolica o di quella Riformata, bensì dell’Artifex a cui è dato ordinare il Cosmo, e rimodificarlo… ogni trentaseimila (o ventiseimila?) anni.
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