Alla Corona boreale, nell’attesa del Principe che la indossi, succede quindi il Giudizio; mentre per la costellazione di Ercole (anche se Bruno lì vi si vede ben situato) il Consiglio degli Dei trova difficoltà nella sostituzione. Si propongono per quel seggio, Ricchezza e Povertà; tale posto viene rifiutato ad entrambe, perché la loro condizione non può essere riconosciuta come Sommo bene; esse sono assolutamente inefficaci per la elevazione dell’animo umano: la persona “buona” farà esaltare la Ricchezza, e quella “cattiva” la renderà arma letale nelle proprie mani; ed il contrario avverrà per la Povertà. Il loro destino, sentenzia Giove con tutto il Consiglio, è di peregrinare eternamente tra gli uomini, l’una a succedere all’altra, costrette a non incontrarsi ma nel contempo a frequentare sempre gli stessi siti. È la condizione dei contrari che appartengono allo stesso ente, ma che sono destinati a seguirsi eternamente senza incrociarsi mai (come il minimo freddo ed il minimo caldo citato da Bruno nel De la Causa…). Ma nessuno pensi che questi estremi siano in sé negativi, o positivi; e per contro ciascuno sia consapevole che ogni manifestazione vitale è sempre indispensabile per la crescita e lo sviluppo della Natura, in ciascuno dei suoi multiformi aspetti.
L’insegnamento che possiamo ricavarne è uno dei punti cardine della filosofia di Giordano Bruno che qui viene riproposto: senza i contrari non ha senso l’ente e la vita stessa non può esistere; sono, quindi, le tensioni tra i contrari che permettono il corretto dipanarsi della vita, in Natura. “Profonda magia è saper trar il contrario dopo aver trovato il punto de l’unione”, inoltre dopo aver contemplato nella Ricchezza e nella Povertà i due contrari, ecco che si presentano altre figure, a queste indissolubilmente legate: il punto de l’unione; e l’avarizia, infatti, è vizio comune tanto alla Ricchezza quanto alla Povertà; essa è l’opposto, l’ombra, l’altra faccia della medaglia, della “stessa” medaglia; e con essa, il suo contrario: la liberalità, la prodigalità, a continuare all’infinito questa eterna quadriglia in cui ci si scambia continuamente di posto ma i ballerini sono sempre gli stessi.
Particolarmente indicativo, per la corretta comprensione del messaggio bruniano, è il richiamo alle varie forme di cultura; ciascuna delle quali è encomiabile ed utile e di nessuna ci si può privare; quando Sofia, infatti, ricorda le letture di Aristotele da parte di Giove, Saulino se ne meraviglia, ma Sofia lo rimprovera sottolineando che gli Dei leggono Aristotele quanto Pietro Aretino ( la Pippa, la Nanna e l’Antonia sono suoi personaggi) e il Burchiello; ed ancora Ovidio e Virgilio; come a dire che la cultura non ha forma assoluta e predefinita, essa può esprimersi in Filosofia quanto in Farsa e Opera burlesca ed ancora in Poesia; e gli rinfaccia che <…se tu fussi più filosofo, dico più accorto, credereste che non è lezione, non è libro che non sia essaminato da dei, e che, se non è fatto senza sale, non sia maneggiato da dei; e che, se non è tutto balordesco, non sia approvato e messo con le catene nella biblioteca commune; perché pigliano piacere nella multiforme representazione di tutte cose e frutti multiformi de tutti ingegni, perché loro si compiaceno in tutte le cose che sono, e tutte le representazioni che si fanno, non meno che essi hanno cura che sieno, e donano ordine e permissione che si facciano. E pensa ch’il giudicio de gli dei è altro che il nostro commune, e non tutto quello che è peccato a noi e secondo noi, è peccato a essi e secondo essi. Que’ libri certo cossì, come le teologie, non denno esser communi a gli uomini ignoranti, che medesimi sono scelerati; perché ne ricevono mala instituzione.> A nulla valse la critica di Saulino, il quale rimbeccò: <Or non son libri fatti da uomini di mala fama, disonesti e dissoluti, e forse a mal fine?> La risposta di Sofia è ben chiara e decisa: <È vero; ma non sono senza la sua instituzione e frutti della cognizione de chi scrive, come scrive, perché ed onde scrive, di che parla, come ne parla, come s’inganna lui, come gli altri s’ingannano di lui, come si declina e come s’inclina a uno affetto virtuoso e vizioso, come si muove il riso, il fastidio, il piacere, la nausea; ed in tutto è sapienza e providenza, ed in ogni cosa è ogni cosa, e massime è l’uno dove è l’altro contrario, e questo massime si cava da quello.>
In questo passo è chiaramente contenuta la motivazione dell’idea sapienziale bruniana: tutte le teorie filosofiche, purché non siano manifestamente folli, contengono frutti degni di considerazione; e Bruno da ognuna di queste prende quanto può essere utile per la costruzione di un unico progetto sapienziale: la Nolana Filosofia.
All’Alto scranno si propone, infine, la Fortuna che si riconosce superiore a tutti gli dei e più giusta ed equa di ciascuno di loro, Giove compreso; lei, figlia del Fato. Ma l’accorata arringa della Dea non le è d’aiuto per ottenere il desiderato Seggio, infatti Giove, pur riconoscendole le prerogative da lei così pervicacemente evidenziate, sottolinea che non è giusto che venga relegata in un angolo, seppur di rango, del cielo ma è suo compito essere ovunque, sia in cielo che in terra e persino negli inferi, proprio perché superiore a chiunque, e giusta, oltre ogni possibile limite.
Ed ecco che Giove sentenzia che al posto di Ercole venga posta la Forza; una forza, però, non disgiunta dalla ragione, affinché non si confonda con la temerarietà (che è un vizio); forza che deve andare a braccetto anche con la Prudenza e permetta il rispetto della Legge; applichi il Giudizio, difenda la Sapienza nel nome della somma dea Verità. L’elenco delle qualità di tale tipo di Fortezza (come l’ha definita padre Bruno) sembra quasi la riproposizione di tutte quelle qualità che il filosofo di Nola si era ripetutamente riconosciuto nelle sue opere, e che si riconobbe nelle successive, compresa quella Prudenza, che aveva onestamente riconosciuto gli era mancata fino a quel momento in Inghilterra, in particolar modo in quella fatidica cena delle ceneri del 1584. A lui, quindi, novello Ercole, l’onere di difendere la Verità, la Sapienza e la Legge, naturale e divina.
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