L’altra figura che ha dato adito a diverse interpretazioni è quella del centauro Chirone, Maestro dei vari Achille, Ercole ed Esculapio.
Bruno nel Candelaio si definisce il fastidito, termine che si adatta a meraviglia a Momo, il Dio (o la Dea) del Sarcasmo, figlio/a di Notte e di Erebo; è quindi più che verosimile che egli si identifichi in questa figura mitologica nello Spaccio de la Bestia trionfante; Momo rifiuta di accettare la divinità del centauro Chirone in quanto mezzo uomo e mezzo animale, il suo raziocinio non lo permette: <se una mezza giubba con mezzo pantalone non può essere migliore di una giubba intera e di un pantalone intero anche mezzo uomo e mezzo animale non può essere migliore di un uomo intero ed anche di un animale intero>; a maggior ragione la sua razionalità non può accettarlo come un Dio. È il caso di ricordare quanto ripetutamente affermato da Bruno nel processo: egli non aveva scritto i suoi libri per occuparsi di Teologia, ma solo di filosofia, le sue affermazioni non volevano mettere in discussione le Verità di Fede, egli osservava il Creato con la Ragione, e le sue tesi erano esclusivamente di natura filosofica. Ma, afferma Momo, <So bene […] che questa è una cosa, che non può esser capita da me, né da chiunque ha qualche picciolo granello d’intelletto; ma che io, che son un dio, o altro che si trova tanto sentimento quanto esser potrebe un acino di miglio, debba crederlo, vorrei che da te prima con qualche bella maniera mi vegna donato a credere.> La risposta di Giove sottolinea la centralità della Fede, con una frase che riecheggia i richiami di Cristo ai suoi discepoli <Momo […] non devi voler sapere più di quel che bisogna sapere, e credemi, che questo non bisogna sapere.> Bruno quindi denuncia il limite della sapienza umana, ad essa non è dato di conoscere Dio, quel Dio totalmente altro di cui non è dato discorrere perché esterno e superiore ad ogni realtà naturale. Il passo dello Spaccio… su Chirone è fondamentale nello studio del pensiero bruniano perché è stato quello che maggiormente ha contribuito alla sua condanna per eresia; nel centauro si è visto un’altra metafora di Cristo, la doppia natura umana e bestiale di Chirone è allegoria della doppia natura umana e divina di Gesù. È possibile; ma perché si è voluto assolutamente pensare che con questa metafora Bruno intendesse misconoscere la doppia natura di Cristo? Esaminando attentamente questo passo si può verificare che Bruno afferma che con la ragione non può accettare la divinità di Cristo, ma la Chiesa non ha mai preteso tanto, e sarebbe stato addirittura controproducente che vi avesse provato: è con la Fede che bisogna credere in Gesù vero Dio e vero uomo. Il Nolano infatti si dichiara disposto ad accettarlo per Fede e ciò per un filosofo, per una persona per la quale la ragione e la logica sono fondamentali nella ricerca della verità, è una concessione importantissima e determinante. Egli chiede, solo, di avere non delle prove, ma valide motivazioni per accettare la superiorità di tale doppia natura, e la chiede a Giove, il Padre degli Dei, alla Giustizia che egli rappresenta, al Garante dell’Ordine Naturale; e questi gli dà delle motivazioni; l’accettazione delle motivazioni di Giove, da parte di Momo, rappresenta il riconoscimento dello stesso Bruno della natura divina di Chirone, quindi della doppia natura di Cristo; solo la natura divina del centauro, e la doppia natura di Cristo possono, in effetti, giustificare le loro opere: è questo il significato della accoglienza di Momo. È quindi possibile la coesistenza, ovviamente su livelli non comparabili, della verità naturale, rappresentata da Giove e dagli dei dell’Olimpo, e della verità in Cristo; d’altronde non ha Bruno ripetutamente affermato che di Dio non si poteva parlare perché Egli è il totalmente altro? E Cristo figlio unigenito di Dio Padre in unità con lo Spirito Santo È totalmente altro. È desumibile dal testo questa affermazione? Sì. Nei dialoghi cosmologici Bruno ripetutamente affermerà che il Dio di cui non si deve parlare è pura mente, e qui fa dire a Momo, appunto: <…voglio credere…che un mezo uomo e meza bestia non sia un uomo imperfetto e bestia imperfetta, ma bene un divo, e pura mente colendo.> Inoltre Momo accetta l’ordine di Giove che gli dice <… non devi voler saper più di quel che bisogna sapere, e [aggiunge] questo non bisogna sapere>; e ciò perché <… il misterio di questa cosa è occolto e grande, e tu non puoi capirlo; però, come cosa alta e grande, ti fia mestiero di solamente crederlo.> È lo stesso linguaggio che Bruno adotterà, appunto, nei dialoghi cosmologici quando intuisce che gli stolti e quelli in malafede, confonderanno le figure di cui egli discorre con Dio Padre, del quale, non mi stancherò mai di ricordarlo, egli non intende parlare, né alcuno deve permettersi di farlo. Momo, dunque, chiede a Giove, l’Ordine Naturale, una motivazione per credere nella divinità di Chirone/Cristo e Giove gliela dà: il centauro è il maestro di Esculapio, di Ercole, di Achille; è quindi maestro di medicina per il maestro della medicina Esculapio; è maestro di astrologia e astronomia per Ercole; è maestro di musica per Achille; ha guarito gli infermi, ha tracciato la via per salire in cielo, e ha mostrato come dare sonorità al legno legandovi nervi di bue (la cetra che costruisce per Achille). E Cristo guarisce gli infermi, è il Maestro che ci indica la Via verso il Padre, ha dato sonorità al legno (la croce) allorquando vi ha legato le proprie braccia, le proprie gambe, nel gesto più sublime di amore che uomo possa compiere, dare la vita per i propri simili; e Cristo È vero uomo. E in questo immenso sacrificio il Sacerdote e l’immolato sono la stessa persona, Dio stesso, l’Unico che può celebrare questo rito; Bruno quindi riconosce a Cristo l’unicità della doppia natura, umana e divina, ed a Lui solo; Egli è il Sacerdote, ma anche il Tempio in cui si celebra il Sacrificio; è nel Suo corpo che il Sacrificio si celebra, ed è il Suo corpo ad essere destinato al Sacrificio; Egli È la Storia ed il Mondo: è Cristo. Tale riconoscimento Bruno lo fa senza tentennamenti, è Momo, infatti, il sarcastico, il fastidito Momo a dire: <Degna[-] e prudentemente hai deciso, o Giove, che questo sia il sacerdote nel celeste altare e tempio; … perché lui medesimo, ed uno, può servir per sacrificio e sacrificatore, idest per sacerdote e per bestia.> È il termine “bestia” attribuito a Cristo che determinò la sua condanna? Sarebbe assurdo perché “bestia” serve quale immagine dell’animale immolato, e Cristo si immola, come un agnello, per la salvezza degli uomini. L’unicità di Cristo è quindi sottolineata da Bruno in modo incontrovertibile e a nessuno è dato negarla.
Volendo accettare la sfida degli studiosi di Bruno all’identificazione di Cristo in uno tra i personaggi di Orione, Chirone, Capricorno (della qual cosa, ribadisco, non sono affatto certo che il Nolano vi abbia “messo mano”), quindi, è opportuno ricordare che il primo viene spacciato, al secondo pur riconoscendogli natura divina ed umana ed il legittimo posto in cielo Bruno rivolge i suoi dubbi; al terzo, invece, dà pieno titolo al posto celeste. Il primo non è Cristo, probabilmente è Aristotele e l’aristotelismo nella Chiesa; il secondo è il Cristo celebrato dalla Chiesa Cattolica, con la sua doppia natura, che Bruno accetta per Fede, pur non comprendendo, né volendolo capire scientemente, rispettando il precetto di Giove che gli ha ingiunto: <…il misterio di questa cosa è occolto e grande, e tu non puoi capirlo; però, come cosa alta e grande, ti fia mestiero di solamente crederlo.>; l’accettazione è, quindi, per Fede e non per Sapienza; il terzo, infine, è il Cristo Salvatore che Bruno riconosce come Vero Dio; oppure quella divinità poliforme che richiama l’identificazione della religione naturale con quella etica e morale.
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